Non voglio che Prodi

Periodicamente in Italia si invoca una legge sulla musica, e ogni tanto ne ho parlato anche in questa pagina. E’ un argomento importante, che ci riguarda molto da vicino come consumatori, produttori e addetti di questo settore. Stavolta se ne riparla per via di un’iniziativa di AudioCoop (il consorzio di etichette indipendenti che, tra l’altro, organizza il MEI) legata all’Unione – che ha vinto le elezioni. Non ho aderito a questa iniziativa per diverse ragioni. La mia però è una non-adesione costruttiva, nel senso che ho alcune proposte da fare, pur non essendo d’accordo con l’impostazione data alla questione.

L’idea dei proponenti infatti parte da un concetto che è sempre meno vero, e cioè che per migliorare la situazione della musica in Italia si debba far crescere, a pioggia, tutta la scena: le case discografiche, le etichette, i locali, i festival, ecc. Questa impostazione ha alcuni difetti gravi. Innanzitutto non prevede aiuti diretti agli artisti, ma sempre attraverso la mediazione di terzi (etichette, festival, ecc.). Una cosa ingiusta e antistorica: ogni giorno che passa l’idea di casa discografica perde senso, e sempre più artisti si rivolgono direttamente al proprio pubblico attraverso la rete. Tutti questi sarebbero tagliati fuori da finanziamenti diretti; certo che poi magari andrebbero a suonare in festival finanziati dallo stato, ma se i festival non li volessero? Si creerebbero colli di bottiglia multipli, dove un direttore artistico (una specie con cui dialogare usando l’Uzi) può decidere se io accedo o meno ai soldi pubblici: brutto, no?

L’Iva al 4% poi è davvero una proposta incomprensibile: ricadrebbe a pioggia su un mercato che è per il 95% in mano a grandi aziende a capitale estero, le Major. E, mentre non contribuirebbe che minimamente ad abbassare il prezzo dei CD, si applicherebbe in percentuale sul fatturato: quindi i Baustelle ne godrebbero meno di Nek, che ne godrebbe meno di Eros, e via dicendo. Inoltre di solito le agevolazioni fiscali sanciscono una situazione esistente: l’industria musicale vuole lo status di impresa culturale? Se lo guadagni, comportandosi di conseguenza: ristampi i grandissimi classici a mille lire (e non a venti euro come fa oggi), includa delle compilation nei sussidiari scolastici, garantisca il diritto alla copia privata e per uso educativo, come è già previsto dalla legge ma bellamente ignorato: i vari sistemi di protezione anticopia dei CD hanno già di fatto abolito questi diritti. Aziende così andrebbero nazionalizzate, non agevolate. Però la mia non-adesione è costruttiva; ecco quindi alcune semplici proposte per questa legge:

*) Defiscalizzazione totale dei primi album. Questo agevolerebbe l’ingresso di facce nuove nel mercato, fornendo un elemento forse decisivo alle discografiche, che al momento ne stampano pochissimi. Stesso regime per quei locali e festival che hanno in cartellone, per almeno il 75%, delle band esordienti (entro il primo album).

*) Iva al 4% per gli artisti che producono e vendono direttamente la loro musica, nei negozi o su internet. Già oggi sono molti e aumentano ogni giorno. La stessa agevolazione si potrebbe dare alle discografiche “pure” (cioè che non vendono anche videogiochi, cellulari, film e altro) e alle radio che trasmettano oltre il 50% di musica locale.

*) Adottare un sistema di quote per i live, come fanno in Francia: ogni band straniera che viene in tour deve avere come gruppo spalla degli italiani, magari perfino del posto. Non mi piacciono le quote, però in questo caso credo che sarebbero molto utili.

Insomma ci sono molte proposte possibili, che agevolino la musica senza far piovere sul bagnato. Non è un caso che le multinazionali (ultima la Sony-Bmg) invochino sempre e solo l’Iva al 4%, mentre io voglio finanziare i Non voglio che Clara, Mimì Clementi e il tour americano dei Lacuna Coil. Avril Lavigne invece non ha certo bisogno dei miei soldi: all’inutile vocetta può sempre supplire lasciando intravedere meglio i capezzolini.

3 thoughts on “Non voglio che Prodi

  1. Le tue proposte sono interessanti, ma immagino già per le prime 2 che ci sarà qualcuno che ne approfitterà per usufruire dell’agevolazione senza averne titolo: quindi case discografiche pure “fittizie”, con nomi di comodo ma in realtà controllate da qualche mega etichetta; nuove band che pubblicano il loro primo disco con un nome ed il secondo con lo stesso nome, ma magari la ragione sociale della band è cambiata per farla considerare nuova band, ecc. ecc.

    probabilmente sembrano trovate un po’ assurde, ma si vedono ogni giorno applicazioni di “finanza creativa” e credo che le prime 2 proposte sarebbero facilmente aggirabili per poter prendere le agevolazioni

    Ripeto, mi piacciono molto, ma temo la gabola da furbetti discografici.
    La terza proposta è ok.

    Dice SM: Naturalmente tutti conosciamo il proverbio “Fatta la legge, trovato l’inganno”. Nessun provvedimento è a prova di disonesto, specie in Italia. Forse funzionerebbe la Cambogizzazione dell’industria musicale (che sarebbe un bel momento), ma poco altro. Detto questo, mi piacerebbe molto poter cantare una canzone intitolata “Major delle tre carte” in cui descriverne nei dettagli i trucchetti. Insomma, almeno gli renderemmo la vita piu’ complicata. Invece si stanno facendo una legge a proprio vantaggio, complice la Margherita, e magari gli riesce anche…

  2. Mi sa che sarà difficile applicare dei provvedimenti che aiutino veramente i veri artisti, i gruppi che fanno Musica, se ne parla da anni e tu riferisci sempre di queste proposte che ciclicamente escono. Tutto mi sembra permeato di entusiasmo, ma non riesco ad essere così positivo. Però l’idea in partenza di aiutare anche i locali (quei pochi seri) e i festival non mi sembra male: la situazione qui è abbastanza scandalosa, locali pochi, che pagano poco, che fanno suonare poco, con impianti al limite della decenza. Quello che manca è la professionalità e l’amore per la musica: tutti vogliono guadagnarci e basta, dalla major al locale sotto casa mia. La differenza con l’estero è enorme e il divario difficilmente colmabile.

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