Quella di dipendenza è una condizione comune a molti esseri umani; riti, abitudini, persone, cibi o bevande, cose indifferentemente salutari o dannose privati delle quali qualcosa non va. Volendo liberarsi di qualcuna di queste dipendenze ci si accorge subito che le tecniche da utilizzare non sono dissimili da quelle per la disintossicazione, e che una passeggiatina serale col cane o il caffè dopo pranzo non sono così dissimili dall’oppio.
Tra i primi ad accorgersene fu Thomas Szasz, che nel suo “Il mito della droga” del ’74 (titolo originale “Cerimonial chemistry”), includeva nella storia delle dipendenze la nascita dell’associazione Weight Watchers, che combatteva quella da cibo con tecniche da lotta alla droga. Una questione che ci riguarda, se è vero che siamo secondi al mondo per obesità infantile dopo gli USA.
Negli States la questione cibo è affrontata assai energicamente, sebbene all’americana: vanno fortissimo i libri (Stop eating in 16 easy steps o l’immancabile Dieting for Dummies), le diete furibonde (come alternare cibi di vari colori o consistenze) e ovviamente la Food Addicts Anonymous con le sue tipiche riunioni dove si applaude il colesterolo basso e si fischia il bignè.
Non meno difficile la lotta al gioco d’azzardo compulsivo (“L’unico che esista: il gioco è sempre droga” sostiene un gambler incallito); in Arizona è addirittura possibile auto-escludersi volontariamente dai Casinò, facendo una domanda corredata di foto e descrizione: se poi ti beccano a giocare ti cacciano via e non ti pagano le vincite.
Naturalmente abbiamo sentito tutti il grido d’allarme dei media sulla dipendenza da Internet, “temibile quanto e più della Droga.” Ma se questa frase è stupida, è però vero che alcuni comportamenti in rete sono compulsivi: sicuramente chattare (già causa di vari divorzi) ma anche scaricare musica e condividere files. Dice un tossico da P2P: “Ho scaricato da Internet l’equivalente di oltre un anno di musica, e continuo ogni giorno. Ascoltarli? Non so, per ora metto via.”