Del ruolo e della funzione dei Media si è molto discusso e scritto: la bibliografia sul tema è immensa e spesso interessante. A che servono? La risposta è complessa, il loro ruolo è cambiato nel tempo e ancora oggi è multiforme. Intrattenimento, informazione, formazione dell’opinione pubblica, orientamento dei gusti, propaganda politica, proselitismo religioso, indicazioni di consumo, cultura, turismo psico-geografico da salotto sono solo alcune delle possibili risposte. La questione si complica quando entrano in gioco diversi di questi fattori simultaneamente, come quando l’intrattenimento contiene cronaca (solitamente eclatante e efferata), indicazioni di consumo e perfino propaganda politica. L’esempio perfetto è il Festival di Sanremo, gorgo inestricabile di pulsioni mediatiche che mentre t’intrattiene ti rifila a tradimento un assessore, uno snack, un caso umano o un vescovo.
Radio e Tv in Italia nascono anche come strumenti di educazione delle masse; basta pensare al ruolo svolto nella diffusione della lingua. Se si guardano i vecchi programmi Rai spesso la narrazione e il linguaggio sono quasi infantili, evidentemente pensati per quelle sacche di semi-analfabeti che ancora esistevano negli anni ’60. Naturalmente chi confezionava quei programmi apparteneva alla borghesia colta, e oggi salta all’occhio l’atteggiamento superiore di certi conduttori di allora: il paternalismo con cui Mario Soldati (regista, autore e conduttore) si rivolgeva al pescatore o alla contadina rivela tutta l’asimmetria di quella Tv. Fin d’allora il tono dei media ha spesso avuto questo retrogusto di superiorità, di presunta autorevolezza, di chi si rivolge a degli ignoranti. E se per Piero Angela si può capire, forse non proprio tutti i suoi spettatori sanno cos’è il Tungsteno, nel 2022 considerare così il proprio pubblico mi pare obsoleto. Purtroppo invece è frequentissimo.
Alcuni esempi: tutti i telegiornali d’Italia, invece di usare i sottotitoli in tempo reale come uno YouTube qualsiasi, chiudono l’audio e fanno doppiare al simultaneo – che arriva dove arriva. Le sfumature vanno a farsi benedire ma tanto il Tg è sicuro: non lo parla lui l’inglese, figurati se lo sanno gli spettatori. Maestri su Rai Storia ha ospiti e argomenti talvolta strepitosi ma gli autori si sentono in dovere di semplificare, alleggerire, inserire battute e sketch per renderlo più comprensibile e leggero: il pubblico, si sa, ha l’attenzione breve. E poi maestrini ovunque: in Tv, per radio, nei dibattiti politici i conduttori sono sempre anche pompieri, e se si dice qualcosa di complesso, ardito o vagamente controverso riportano subito il dibattito a un livello più basso, cioè il nostro. Forse ora ha smesso, ma per molti anni ogni volta che la Tv ha detto Spread poi ha aggiunto: “Cioè la differenza di rendimento tra i titoli italiani e i Bund tedeschi”. Grazie, ce l’avevi già detto sette anni fa, ci pigli per scemi? Purtroppo in molti casi la risposta potrebbe essere sì.
Eppure non è difficile: basta immaginare il pubblico composto di propri pari in grado di capire. Rivolgersi loro col rispetto dovuto a persone evolute, in grado di distinguere il bene dal male e comprendere la complessità. Invece purtroppo, perfino oggi che c’è Internet, nei media c’è chi crede che qualcosa, un film, un argomento, un contesto, siano inadatti a noi perché troppo difficili, controversi o diseducativi. O pensa di rivolgersi all'”Uomo medio” (creatura inesistente che ognuno immagina come crede) cercando di parlargli con un linguaggio semplice, poche idee nette, senza ambiguità – che è uno sport da intellettuali. Dipingendoci nella loro mente come pigri, distratti, ignoranti e grossolani. Con risultati forse irreversibili: purtroppo c’è molta gente che alla fine ci diventa.