Dice William Burroughs: “A company, because it is depersonalized and guided by no other principle than profit, thereby surrenders all claims to ethical consideration. All codes of conduct that have any validity are based on the relations between individuals. An individual entrusts money to me, I would not steal the money even though I could steal it without danger of consequences. A company takes great pain not to be an individual. A company never trusts anybody with anything. Therefore a company is fair game, and personally I would not hesitate to defraud a company if I could.”
(Una compagnia, essendo spersonalizzata e guidata dal solo principio del profitto, contestualmente rinuncia a qualsiasi considerazione etica. Tutti i codici di comportamento che abbiano una qualche validità si basano su rapporti tra individui. Se una persona mi affidasse del denaro io non lo ruberei, anche se potessi farlo senza conseguenze. Una compagnia fa grandi sforzi per non essere un individuo. Una compagnia non si fida di nessuno. Quindi una compagnia è una preda legittima, e personalmente non esiterei a frodarne una se potessi.)
Certamente un’affermazione pesante; d’altronde lo zio Bill era noto per le sue opinioni radicali. Sostenere che la frode sia legittima è davvero un po’ forte. Ma se si legge attentamente questa affermazione ci si scopre dentro una interessante questione etica.
Non ci sono dubbi sul fatto che una compagnia sia spersonalizzata; chi è il sig. Nike? Nessuno, in realtà. Un consiglio di amministrazione che governa un impero mondiale che non mi considera una persona, ma solo un potenziale cliente. A differenza del vostro idraulico, che pur essendo una ditta è sempre lui (un tuo pari), la Toyota non corrisponde a nessuno. E se corrisponde a qualcuno non si deve sapere.
L’unica ragione di vita delle compagnie è il profitto. Si vendono meno merendine? La Nestlè licenzia, mica riinveste gli immensi profitti accumulati. I rapporti sono chiarissimi, e la priorità pure: il cash. “Ma certo, cazzone”, qualcuno di voi starà pensando: “di cosa dovrebbe preoccuparsi?” Una volta le scarpe le facevano i calzolai; e, oltre a dare da mangiare alla famiglia, quel lavoro nobilitava l’uomo – che provava orgoglio nel fare (e vendere ai suoi simili) scarpe belle, robuste e durature. Alle compagnie non interessa affatto la qualità dei prodotti che vendono, se non per programmarne l’usura e obbligarti a ricomprarli. Non ce n’è: l’unica ragione per cui una compagnia esiste è il profitto, con ogni mezzo necessario: tu sei solo un portafogli che cammina. E dovresti farti degli scrupoli?
E poi lo zio Bill ci illumina: c’è un’enorme differenza nei rapporti tra individui, rispetto a quelli tra persone e compagnie. Il primo è un rapporto tra pari, e quindi etico. Io poi tendenzialmente mi fido della gente, anche se ci sono i mariuoli. Penso sempre che una bella stretta di mano possa valere come il più solido dei contratti.
Ma non con le compagnie, che se da un lato ti desiderano (non te ma i tuoi soldi) dall’altro ti detestano. L’assicurazione, per esempio, non mi tratta da pari: tutto il meccanismo cautela la compagnia da quel pericoloso truffatore del sottoscritto, ed è chiarissimo se possono fottermi lo faranno. Bisogna quindi stare all’erta e ben svegli, altrimenti è sicuro che ti mungono: loro esistono solo per questo.
E lo fanno anche spersonalizzandosi; ecco perché è così importante. Nessuno ti dice le cose come stanno: ti fanno parlare col l’addetta al call center, che è comprensiva e gentilissima. Ma per la sua compagnia tu non sei degno di nessuna fiducia, sei sospettato da subito e comunque indegno di credito (basta andare in banca a chiederlo per accertarsene); se poi sbagli fanno subito brutto. E io dovrei avere delle remore?
Ha ragione Burroughs: frodare una persona è una cosa spregevole e inaccettabile, che non si deve fare mai e poi mai – e chi lo fa va punito. Ma una compagnia?