Forse qualcuno di voi se lo ricorda: quando è arrivata Internet, in molti abbiamo pensato le stesse cose: la storia della cultura finalmente si muoveva, le informazioni diventavano disponibili a tutti, e niente sarebbe mai più stato come prima. Da molti punti di vista questo è stato vero, specie per quelli di noi che apprezzano prodotti culturali meno popolari, più ricercati (un termine quasi profetico, a pensarci bene). Purtroppo però non tutti i settori della cultura hanno goduto allo stesso modo dell’arrivo della rete, per molte ragioni. Uno di questi è, curiosamente, la musica. Come sappiamo bene, le Major discografiche, detentrici della gran parte dei diritti sulla musica del passato, per anni sono state assai contrarie alla distribuzione digitale – scagliandosi a volte con violenza davvero inusitata su chi (spesso solo adolescenti curiosi) si scambiava la musica in rete. Va peraltro notato che, salvo in rarissimi casi, questi scambi non avvenivano per scopo di lucro, ma semplicemente per curiosità, o se preferite sete di conoscenza. Poi Itunes ha messo d’accordo tutti, e oggi si può almeno scaricare legalmente una singola canzone invece di doversi ciucciare tutto l’album. Purtroppo però, nella musica, la rivoluzione culturale si è un po’ fermata qui.
Uno dei formati discografici culturali più interessanti è certamente la compilation, anche se a guardare quelle negli autogrill non si direbbe. Eppure, a pensarci bene, la compilation è una specie di raccolta di saggi, e se è pensata con criterio può essere uno strumento formidabile. Penso a titoli come “An Anthology of Noise and Electronic Music Vol. 1” pubblicato dalla Sub Rosa nel 2002, che contiene musica registrata tra il 1921 e il 2001: da Russolo a Dj Spooky, passando per Cage e i Sonic Youth. Operazioni purtroppo ancora rare: spesso le intricate situazioni riguardo ai diritti scoraggiano pubblicazioni di questo tipo. Ma naturalmente gli utenti sono già alcuni passi avanti. Come sempre: Napster (dalla cui visione discendono tutti i modelli di distribuzione digitale della musica) era una piattaforma assai illecita, ma questo non ha impedito a una generazione di scaricare con ardore. E oggi, mentre è diventato possibile riempirsi legalmente l’Ipod, in alcune zone della rete si tentano operazioni culturali, illecite ma secondo me assai meritorie, semplicemente impossibili nel mondo del commercio.
La più bella per me è Bob Dylan & his Ancestors, ed è stata pubblicata (illegalmente) nel newsgroup alt.binaries.sounds.mp3.bob-dylan. I newsgroup di Usenet sono una delle zone più antiche del web, e tuttora abbastanza libere, anche grazie alla (relativamente) scarsa utenza attiva. L’operazione, un enorme sforzo collettivo, in realtà è semplice: è noto che Dylan è uno degli artisti più registrati della storia; oltre agli album ufficiali, negli anni sono circolate una grande quantità di bootleg e inediti, rendendo quella di Dylan una delle discografie più vaste. In questo caso si sono raccolte circa trecento tra le cover registrate da Dylan nella sua storia (forse tutte?), pubblicandole (in mp3 ma con le informazioni giuste) a fianco delle versioni originali – in alcuni casi anche due o tre. Un lavoro filologico immenso (in tutto sono circa 1000 mp3), dal blues al folk fino al soul, composto perlopiù di bellissime canzoni (alcune degli anni ’20, amorevolmente digitalizzate da 78 giri), ascoltabili sia in originale che reinterpretate da Dylan.
Un’operazione culturale davvero meritoria, che secondo me si meriterebbe un Grammy award. Invece non solo è illecita (e i suoi autori sono legalmente perseguibili), ma per esistere deve rimanere pressoché sconosciuta, in una zona poco battuta della rete. Una dimostrazione di come, malgrado le cose siano certamente cambiate da un punto di vista commerciale, sotto il profilo culturale ci sia ancora moltissimo lavoro da fare.
PS: Credo che Bob Dylan & his Ancestors sia anche scaricabile via Bittorrent.
One thought on “Pirateria encomiabile”