Come forse sapete sono un utente entusiasta di tecnologie. Intendiamoci: non è che cambi cellulare ogni sei mesi (anzi: tra le letture più desolanti ci sono i libretti di istruzioni, secondi solo al contratto di servizio di Myspace); la tecnologia che interessa me è quella che mi permette di arricchire la realtà – quantomeno la mia. Ho un blog (che è un po’ la versione sismografica di questa pagina), ben due siti web (uno in italiano e uno in inglese), faccio musica col PC (e molto altro, incluso scriverci questo articolo) e in generale sono molto interessato agli sviluppi di questa vicenda. Qualcuno di voi invece la pensa diversamente (per fortuna), e dipinge scenari futuri di autismo diffuso, incapacità di avere rapporti sociali e tecnofilia come soluzione a profondi problemi relazionali e comportamentali, sulla base di una considerazione: il mondo reale e quello digitale sarebbero contrapposti, e chi si rifugia nella rete ha problemi nella realtà. Quest’idea, a volte vera ma anche no, ha radici antiche (la stessa obiezione fu fatta per il telefono, all’inizio del 900), che pre-datano il web 2.0: non ho mai avuto tanti amici come su Facebook. E’ vero che del 99% di questi non so nulla, ma questo dipende solo da me: conosco gente che passa serate a coltivare amicizie digitali per poi averci dei rapporti sessuali. Questo mette in crisi l’obiezione di cui sopra, introducendo un’idea ricca di implicazioni: c’è una relazione tra web e mondo fisico. E suggerisce un’altra visione delle tecnologie, e cioè che queste sono nostre estensioni che ci permettono di fare cose impossibili nella realtà – come parlare a voce con uno che sta in Brasile. Oggi poi esiste un intero settore di ricerca tecnologica che si occupa di una nuova relazione tra atomi e bit; gli esperti la chiamano Augmented Reality, realtà aumentata. Ci sono diversi approcci a quest’idea, alcuni più semplici altri meno. Vediamone due.
Il primo lo usiamo in molti – da secoli. Le carte geografiche, a pensarci bene, sono oggetti tecnologici il cui scopo è di rappresentare la realtà, e che sono quindi naturalmente in relazione col mondo fisico: una buona mappa dovrebbe innanzitutto essere assai simile al posto che rappresenta. Non solo, ma la mappa può contenere dei simboli utili a interpretare quella realtà: punti di riferimento, monumenti, negozi. Se cammino per il centro di una città conosco solo quello che vedo; con una mappa posso sapere cosa non vedo (ma che invece magari dovrei). Oggi, grazie alle mappe online, tutto questo è enormemente potenziato, e non solo posso vedere foto o ricostruzioni in 3D, ma decidere quali informazioni desidero: cliccando su “shopping” in Google maps al centro di Milano scompaiono sia il Duomo che Sant’Ambrogio – per lasciare spazio a cattedrali più care ai milanesi, come il negozio Armani. Ma volendo potrei cliccare “spaccio” o “mignotte” (se esistessero queste opzioni) e il risultato sarebbe lo stesso. Quindi la mia relazione con la realtà viene potenziata da queste informazioni.
Un approccio diverso alla realtà aumentata è rappresentato dal codice QR e dai suoi simili. Inventato nel ’94, il Quick Response code è una sorta di codice a barre in grado di contenere alcune informazioni testuali. Il codice viene letto con un cellulare (con fotocamera e eventuale connessione web) o col PC e, se il codice contiene un indirizzo web, vi ci porta. Le implicazioni di questa tecnologia sono moltissime. Immaginate le recensioni di Rumore con un link diretto allo streaming dei brani recensiti; o un sistema di audio-guide del mondo, dove insieme a informazioni storiche e folcloristiche si possono inserire elementi di fiction, colonne sonore di incroci (è possibile collegare il codice anche a un file audio) e storie di quartiere. DIverse aziende hanno iniziato a inserire questi codici nelle pubblicità, ma la vera ciccia sta nell’uso creativo di queste tecnologie, allo scopo di aumentare la realtà (come nel caso del codice che vedete qui). Aumentare la realtà: altro che autismo.
… nasce infatti la VIDEO-PIN: il contenuto video da “indossare”. Uno strumento tecnologico all’avanguardia, ma attento alla conservazione della memoria storica della musica.
La promozione creativa e non convenzionale è sorta in occasione del lancio del videoclip “Nei Palazzi” della band Management del Dolore Post-Operatorio, dal 25 maggio on line sul canale ufficiale YouTube della band e visibile direttamente sul telefonino con uno shot!!!
La VIDEO-PIN è presentata ufficialmente e distribuita al circolo Arci La Casa139 di Milano, martedì 25 maggio dalle 21.30.
Sulla rete già se ne parla!!!
è un’idea magica…. fatata… da pixie!!
http://www.duepunto1.it/index.php?option=com_content&view=article&id=245:management-del-dolore-post-operatorio-cross-over-tra-musica-arte-e-tecnologia&Itemid=291