L’articolo che ho scritto sul numero di gennaio scorso, dedicato al periodo 1963-’69, deve aver colpito l’immaginazione di un certo numero di lettori, che hanno deciso di scrivermi. Qualcuno complimentandosi, altri rimpiangendo quel periodo, e certi per sollevare un’obiezione che mi pare molto interessante: cosa intendiamo con Pop? I Clash sono Pop? E Madonna? E si possono mettere nella stessa casella i Clash e Madonna? Mi pare un’ottima domanda, che ne contiene molte altre, e che questa pagina, proprio di Rumore, sia quella giusta sulla quale fare questa riflessione.
Le parole, come sempre, sono essenziali: con Musica Pop si intendono quei generi creati al solo scopo di essere consumati. Rihanna è Pop, come lo sono Mika, gli One Direction e Violetta. Naturalmente, a volte, il termine Musica Pop è sottilmente peggiorativo, e gli “artisti” Pop lo sanno benissimo: quando Lady Gaga chiama il suo album ArtPop, sta proprio cercando di scostarsi da quella definizione. La Musica Pop da questo punto di vista è davvero unica: quasi nessuno definirebbe così la propria musica, e perfino in casi davvero spudorati (tipo Gangnam Style), si cerca quasi sempre di conferire un qualche spessore (emotivo, sociale, di tendenza) alla questione. Naturalmente le zone grigie sono tante: Bjork fa Musica Pop? E i Metallica o Beck? Il temine Musica Pop è spesso utilizzato come insulto verso musica che non ci piace. Confesso che certe band indie lamentose e stonate, con pallore d’ordinanza e spleen da troppo Facebook, mi fanno proprio questo effetto: Spice Girls per chi ha problemi di autostima. Ma le zone grigie sono davvero infinite, e gli esempi di Musica Pop a sua insaputa non si contano. Innanzitutto i morti, come Lennon o Marley. Poi un sacco di gente talentuosa che ha saputo cogliere il sentimento giusto, come i Nirvana. Alcuni ottimi comunicatori, come Michael Stipe o Springsteen. Oggi, una possibile buona regola generale è: salvo rare eccezioni, non si vendono milioni di copie per caso. Se del tuo ultimo singolo ne hai venduti tre, puoi raccontare quello che ti pare sulla tua arte, ma la tua musica è Pop (in senso peggiorativo, ma non solo).
Poi c’è la Cultura Pop. Come la Musica, anche la Cultura Pop è popolare – in tutti e due i sensi. Viene dal basso, è espressione del popolo, ma qualche volta è anche popolare nel senso di gradita, apprezzata. Però definire cosa includa esattamente nel 2014 è davvero difficilissimo. Oggi quasi tutto è Cultura Pop. Certamente la musica (anche quella Pop), ma con un ruolo oggi infinitamente meno centrale di ieri. Dalla tv al fumetto, dallo sport a Soundcloud, da Rumore a Vogue, dalla moda all’arte contemporanea a Instagram, dalla techno ai libri all’Iphone – l’elenco è sterminato e apparentemente privo di confini. In passato, la musica è stata utilissima come miccia per la Cultura Pop: senza il Rock’n’roll (Musica assai Pop, specie all’inizio), niente anni ’60 (decade essenziale della Cultura Pop), o Velvet Underground (archetipo della Musica anti-Pop). Oggi, se cerco la Cultura Pop contemporanea, la trovo più facilmente su 4chan, Reddit, Youtube o Tumblr (o su HBO), che su Spotify. Dentro questo immenso gorgo che è la Cultura Pop odierna, ci stanno pure Deadmau5 e i Modà, Robbie Williams e i Converge, i Joy Division e Pupo. Galleggiano tra Anonymous, George Clooney, i Simpson, Paris Hilton, William Gibson, Valentino, Stanley Kubrick, Siri e Fabio Fazio.
Quindi, nel 2014, Pop da solo significa ben poco. Se si parla di Musica, la questione è semplice, o quasi. Ma se invece si parla di Cultura Pop, stabilirne il perimetro è davvero un’impresa complessa. Anche perché, come tutte le Culture degne di questo nome, non solo può contenere forme infinitamente diverse, ma ingloba anche delle poetiche in conflitto tra loro, come appunto i Clash e Madonna. Povia ed io siamo ambedue figure della Cultura Pop italiana. Però, ovviamente, niente altro ci accomuna – a cominciare dal giudizio sui piccioni.