La bestemmia: ecco una forma di espressione in grado di dividere le opinioni. C’è chi la deplora duramente e chi la pratica con ardore. Chi la punisce con fermezza (la televisione italiana) e chi la parafrasa (Dinci, Madosca, ecc.) pensando di non far peccato. C’è poi chi ne ha fatto una sorta di esercizio poetico, declinando florilegi di espressioni ingiuriose non solo verso Dio (che rimane al primo posto nella classifica dei bestemmiati), ma anche la Madonna (che si piazza seconda, subito dopo), i Santi Apostoli (talvolta tutti, in colonna) e quelli locali, oggetto di fervidissimo culto, e quindi anche di insulto. A un’analisi rapida e superficiale, sembrerebbe che gli italiani siano molto più bestemmiatori degli altri; in inglese esistono espressioni simili, ma molto meno aggressive (e creative). Non mi risulta che i francesi o gli spagnoli siano bestemmiatori. In Germania mi dicono che non si usa. Riflettendo un momento sulla natura dei diversi cristianesimi, mi pare abbastanza logico che un Protestante non bestemmi. Una delle differenze fondamentali coi Cattolici sta proprio nella relazione con Dio, non mediata dal clero (che interpreta i sacri testi e poi ne spiega il senso ai fedeli): per i Protestanti il Libro è sopra a tutto, e con Dio si ha una relazione diretta e personale. Tant’è che non esiste la confessione: se la vedono direttamente col Signore, senza un prete che li assolve. E assolversi da soli è molto più difficile. Non solo, ma nel Libro (la Bibbia) ognuno ci legge quello che gli pare. Per esempio, negli USA degli anni ’60 si fronteggiavano il movimento per i diritti civili con Martin Luther King, Bibbia in mano, e il Ku Klux Klan – anche loro brandendo una Bibbia. Esistono innumerevoli generi diversi di Protestanti: gli Hamish, gli Evangelici Gospel, i Pentecostali che pregano coi serpenti, i seguaci di Zwingli, padre del Protestantesimo svizzero, e mille altri.
Il Cattolicesimo invece è centralizzato, e come sappiamo funziona molto diversamente (non a caso a un certo punto nasce il Protestantesimo): tutto è mediato dalla Chiesa, che è in relazione diretta con Dio. I fedeli, per parlarci, devono rivolgersi al clero. Non possono confessare i peccati direttamente al Creatore: devono dirli a un prete, mentre Dio è in ascolto. E il prete ha l’obbligo di assolverli, qualsiasi peccato abbiano compiuto (tranne quelli gravissimi, per i quali c’è la scomunica). Naturalmente impartisce una penitenza, calcolata in preghiere: tre Ave Maria, due Padre Nostro, e sei assolto. Altro che anni di sensi di colpa, di contemplazione della miseria dell’anima: una bella penitenza e via. Questa distanza da Dio ovviamente pone qualche problema. Come oggi sappiamo bene, non sempre il Dio dei Cattolici è stato ben rappresentato su questa terra: in fondo anche i sacerdoti sono uomini (tutti maschi, per adesso). E quando gli unici legittimati a parlare per conto di Dio (gli esclusivisti, diciamo) si comportano male, l’immagine di Dio un filo ne risente.
Curiosamente, i campioni mondiali della bestemmia sono (quasi) certamente gli italiani. Forse per la prossimità geografica, forse per questa sensazione di incomunicabilità con Dio, nessun popolo come quello italiano ha saputo accanirsi con tanta creatività contro il proprio Signore, talvolta sfociando nella poesia. La bestemmia è dirompente e radicale, scorretta e fulminante. E’ un tuono d’ira, un grido di impotenza, una dichiarazione di dissenso al fluire degli eventi. Significa che nessuno è al sicuro, specialmente l’Onnipotente. In fondo il bestemmiatore esprime una religiosità inversa ma coerente, dove regna la consapevolezza dell’imperfezione del creato, e della sostanziale disfunzionalità del suo creatore. E, con la stessa tenacia con cui certi devoti recitano tutti i giorni il Rosario, c’è chi quotidianamente bestemmia il suo Dio, e l’intero Pantheon, esprimendo con violenza un sentimento – l’insoddisfazione per com’è il mondo – in fondo piuttosto universale.
Aggiornamento: pare che anche i cattolicissimi spagnoli bestemmino con trasporto: non fa una piega.