Porn’n’Roll party

Alcuni di voi hanno scritto al giornale, altri ce l’hanno chiesto a voce. Non molti, per la verità, ma qualcuno la domanda se l’è (e ce l’ha) fatta: come mai Rolling Stone ha sentito il bisogno di dotarsi di una rubrica su Alt sex e Pornografia? Le risposte sono molte, tra cui che il Porno sta entrando nel lessico della comunicazione, e tenerlo d’occhio è utile. Inoltre si tratta di un consumo che accomuna molti di noi. E infine ci sono molte connessioni tra Rock’n’roll e Alt sex, alcune evidenti, altre più nascoste.

Una delle cose belle di essere cresciuti col Rock’n’roll e i suoi derivati è la sua complessità. E’ un genere musicale, uno stile di vita e in certi casi perfino una comunità di anime. Esprime dei contenuti assai rilevanti, di amore e morte, di liberazione e di futuro (o non futuro, a volte), di fun e consapevolezza; e lo fa dentro una delle forme più efficaci e dirompenti, appunto il R&R. E’ un pacchetto inesorabile, dove sostanza e forma sono indissolubilmente legate: i messaggi dei Clash (tanto per fare solo un esempio) arrivavano chiari e forti non solo per la bontà dei messaggi medesimi, ma anche per via della coolness dei messaggeri e l’efficacia del carrier, la musica. Lèggere il testo di London Calling non equivale a sentire la canzone (o vedere l’indimenticabile videoclip); e riflettendoci, nemmeno il contrario avrebbe senso: London Calling con testo di Cutugno sarebbe inutile, perfino se cantata dai Clash. Chi è cresciuto col R&R (e cioè la stragrande maggioranza di noi) sa benissimo che questo lo ha formato anche culturalmente e ideologicamente, e che nella maggioranza dei casi lo ha anche aiutato a definirsi come generazione – in contrasto con gli adulti (leggi genitori). Questa sanissimo passaggio, il conflitto generazionale, ha spesso avuto a che vedere anche con la musica, e chiunque abbia gongolato nel sentirsi dire dalla mamma: “Questa non è musica, è rumore!” sa bene di cosa parlo.

Ecco, pare che oggi la nuova pornografia indie, sempre più diffusa, matura e assai diversa dal solito pornazzo, si avvii a svolgere un ruolo generazionale molto simile a quello del R&R. Si è sempre parlato della funzione educativa del porno, che negli anni ’70 ha mostrato al mondo l’esistenza di vita oltre la posizione del missionario. Eravamo ancora nell’onda lunga della liberazione sessuale: una cosa insieme ludica e serissima, legata ai movimenti di liberazione, delle donne e poi degli omosessuali, e intesa a affermare il piacere come un diritto. Quella marea si è nel frattempo ritirata, l’AIDS ha scoraggiato i più, e nelle giovani generazioni quella memoria si è persa. Però grazie a Internet, all’attenzione per il corpo (dagli addominali ai piercing) e all’Alt porno, la sessualità è diventata di nuovo centrale nell’attenzione dei giovani, per i quali sta anche svolgendo un ruolo essenziale di definizione generazionale. Un sedicenne del 2009 ha ben pochi spazi di autonomia e di sano conflitto: non la musica, il vestiario, la politica, il sesso o i capelli (com’era negli anni ’70), e nemmeno più i tatuaggi (che sfoggia, magari più piccoli, anche il papà). Oggi, per ottenere l’effetto “Questa non è musica” ci sono pochissime strade, e tra le più battute c’è l’Alt sex, che si impara a fare anche guardando l’Alt porn. Il quale non si limita a mostrare posizioni ma, come il R&R, costituisce sempre più spesso un package culturale fatto di linguaggio, vestiario, situazioni, coolness, stili di vita e espressività anche distantissime – tanto quanto Cutugno e i Clash.

Se questo è vero, allora Irving Klaw (il fotografo di Bettie Page) sarebbe una specie di Chuck Berry, Gerard Damiano un Phil Spector e Cicciolina una Peggy Lee; la digicam, il vero strumento espressivo comunitario di oggi, come la chitarra nel ’69 e il giradischi nel ’99. E il 2009 sarebbe un po’ come il 1959. Aspettando i Beatles, e i Rolling Stones.

(Nella foto d’apertura, Ilona Staller e SM)

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