E’ appena uscito il mio primo libro, intitolato Real Sex: il porno alternativo è il nuovo rock’n’roll (Tunuè, € 9.70). Oltre che per della vergognosa pubblicità, mi piacerebbe cogliere l’occasione per spiegare il senso del sottotitolo. In particolare a voi che, benché probabilmente siate anche utenti di porno, lo siete certamente di Rock’n’roll (inteso anche come stile di vita e visione del mondo). La domanda sorge spontanea: in che senso l’alt-porno (cioè tutta la nuova pornografia non industriale) è come il rock?
Innanzitutto c’è la questione dello status culturale del porno: una cosa zozza, semilegale, che circola in canali “di nicchia” (espressione sempre più priva di senso), non controllata e non controllabile, che soddisfa delle esigenze non “tradizionali” e parla un linguaggio per iniziati (esiste del porno dove non c’è nemmeno della nudità, che per capirlo bisogna saperlo). Fateci caso: molto spesso le nuove ondate di stili Rock’n’roll nascono esattamente con queste caratteristiche: penso al Punk dell’inizio, o all’Industrial, ma anche alla Techno o alla cultura rave (che non suona come il rock ma ne condivide molti aspetti culturali). C’è dell’orgoglio a essere fan di questi generi all’inizio: marginali, poco compresi, al di fuori del “sistema musicale”. Esattamente come i feticisti del velluto, o gli amanti dei pupazzi di peluche.
Come il Rock’n’roll (ma a differenza della Dodecafonia), anche il porno amatoriale è uno sport partecipativo. L’imperativo Punk “Procurati una chitarra, impara due accordi e fai una band!” (poi superato a sinistra dalla musica elettronica, che non richiede ne’ accordi ne’ band) si applica anche a questo tipo di pornografia. Tra la gente che si pubblica nuda in rete c’è un dato comune a tutti: hanno iniziato perché hanno visto farlo ad altri come loro e hanno capito che era possibile. Proprio la ragione per la quale milioni di persone hanno imbracciato una chitarra elettrica. E le star, dell’alt porn come dell’alt rock, lo diventano per la qualità (e la novità) del loro materiale e la potenza del loro carisma – non perché l’ha deciso una major.
Quando ero guaglione il massimo della trasgressione erano degli indumenti trasandati, qualche cannetta e l’autostop. E mia mamma non approvava. La sua disapprovazione naturalmente mi confermava che ero nel giusto – esattamente come quando mi ha detto “Questa non è musica, è rumore!”, una delle grandi soddisfazioni della mia adolescenza. Oggi invece la stessa funzione sembrerebbe svolgerla un certo tipo di foto: autoscatti nudi, macchinetta in mano, allo specchio. Ecco un gesto poderosamente disapprovato dai genitori, che però dà sicuramente un’emozione trasgressiva e la sensazione di partecipare a una grande orgia globale (di queste foto ne circolano a milioni) – un po’ come il pogo nel ’77.
Infine una questione delicata ma centrale. Grazie al Rock’n’roll e ai suoi derivati, il sottoscritto ha assorbito molto più di buona musica: un’etica, uno stile, una visione del mondo che mi porto dietro fino a oggi, che hanno formato la persona che sono (nel bene e nel male) e che costituiscono i motivi per i quali scrivo su Rumore. Dai dischi dei Clash ho assorbito stili, atteggiamenti, modi di pensare e di essere – e anche musica. E’ un fatto noto che, da almeno 25 anni, la principale fonte di informazione sul sesso è la pornografia. Di più: molti hanno imparato come si tromba dai porno. E’ naturale, in fondo quella è l’unica altra gente che uno vede mentre fa sesso, salvo che frequentiate dei clubbini particolari. Oggi nel porno amatoriale iniziano a affiorare elementi che vanno oltre le strette pratiche sessuali, che coinvolgono stili di vita (come il BDSM) o comportamenti “eversivi” (come fare sesso per strada o drogandosi). Se questo è vero, allora l’avvento di un porno dal basso, autoprodotto e politicamente migliore delle fabbriche industriali di carnazza californiana siliconata non solo è auspicabile, ma forse anche urgente.