Prezzi: gratis a chi?

In rete molto è gratis, o sembra tale. Breve viaggio nei metodi di pagamento non monetari, antichi e moderni. Con davanti un futuro in cui il vero lusso sarà un mondo senza banner.

E’ una delle parole chiave della modernità, ma di rado è usata a proposito; si tende a fare confusione, come nel paradosso del tre per due: “Compri due muli e il terzo è gratis!” Evidentemente una sciocchezza: se fosse gratis potrei prenderlo e uscire. E non ha nemmeno il 33% di sconto, altrimenti potrei prenderne uno e pagarlo meno. No, è semplicemente il prezzo se ne compri tre. Esistono molti tipi di falsi-gratis nel mondo moderno, alcuni dei quali propongono interessanti domande. La t-shirt pubblicitaria di solito ci arriva gratis. Magari è una bella maglietta, ma sappiamo che non c’è affetto dietro questo regalo, e che anzi forse la parola regalo qui è un po’ fuori luogo. Qualcuno ha mai considerato Italia Uno un gentile omaggio? Macché, si chiama tv commerciale e il modello è chiarissimo: si paga guardandola. Quindi fa un po’ riflettere quando le stesse parole, ormai sfiancate, uno lo ritrova nella tecnologia. E invece non solo è tuttora il modello vincente, ma sarà complicato superarlo.

Sono ormai pochissimi quelli che non hanno una “free” email: hotmail, yahoo!, ecc. Sono comodissime, volendo anche anonime (entro certi limiti), e consentono di mantenere lo stesso indirizzo pur cambiando provider. Ognuno di questi servizi offre inoltre uno spazio web in cui farsi una pagina, un messenger (software che consente di chattare e inviare allegati), servizi per tele-lavorare (come ftp, cartelle condivise, ecc.) e la possibilità, volendo, di esistere all’interno di quella comunità: leggendari, in questo senso, i club di yahoo! dove si trovano – opportunamente separati – i bulimici in terapia e i feticisti dello chiffon. Tutto questo è gratis? Naturalmente no; semplicemente non si paga coi soldi. E’ ovvio che ognuno di questi network è interessato ad accumulare un database di utenti, e che l’accumulazione di questi dati, e la pubblicità che ci mostrano mentre usiamo questi servizi, già giustifica la loro esistenza. Ma dato che i banner ormai valgono pochissimo, tutto il resto, e cioè i nostri dati e la nostra appartenenza, deve valere un bel po’.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg, e il meraviglioso mondo del “gratis” riserva belle sorprese. Un classico è lo spyware: ti regalo un programma utile e funzionale, ma che contiene un piccolo software che può fornirmi informazioni su di te, dove vai in rete, cosa guardi, etc. Come si diceva qualche mese fa Gmail, il nuovo servizio di posta di Google, lo fa apertamente: cerca parole chiave nella tua posta per mostrarti pubblicità a tema, accumulando un bel po’ di informazioni nel frattempo. Difficile considerare questo servizio un regalo, no? Sempre nel campo della posta elettronica sono già diversi anni che Eudora, uno dei programmi più antichi ed utilizzati, viene offerto in sponsor mode: tutto funziona esattamente allo stesso modo ma viene visualizzato un banner sul desktop ogni volta che Eudora è in uso, mentre pagando ($ 49.95) la reclàme scompare. Quando uscì il frigo con connessione internet sulla porta, io chiesi quanto costava (per riderne cogli amici) ma la risposta fu illuminante: “E’ allo studio una commercializzazione a prezzo ridotto, in cambio della possibilità di mostrare pubblicità sul monitor.”

Ecco un concetto da tenere d’occhio, che suggerisce un futuro in cui saremo tutti uguali: stessa giacca, stesso frigo, stessa maglietta, stessa email. I ricchi però non avranno la marca (o chissà cos’altro) scritta grande sulla schiena, i loro dati saranno davvero personali e inaccessibili e la loro colazione non sarà disturbata da uno spot obbligatorio che gli impazza sulla porta del frigo.