Dentro quel complicato congegno che chiamiamo Musica Pop, in un senso molto ampio, la musica è un aspetto essenziale ma non l’unico, e seguire un artista (con o senza l’apostrofo) ha quasi sempre voluto dire entrare nel suo mondo composto di musica, vestiario, stile di vita e molto spesso anche di comunicazione verbale declinata in molti modi oltre ai testi delle canzoni. Già da ben prima di Internet i fan si scambiavano foto, interviste, registrazioni di concerti, non solo per il piacere di essere informati ma anche per comporre un’idea più precisa dell’artista amato. Lo stesso scopo spesso lo avevano le copertine, oggetti comunicativi compositi (oggi diremmo multimediali) con grafiche e foto ma anche testo e talvolta frasi che diventavano comandamenti: la scritta “To be played at maximum volume” sulla copertina di Ziggy Stardust per me ha significato molto. Ovviamente con la rete la comunicazione si è moltiplicata e se oggi mi piace un artista posso farmene un’idea precisissima seguendolo sui social, ascoltando le interviste su YouTube o guardando il documentario. Ovviamente siamo nell’epoca della “realtà aumentata” quindi immaginare di conoscere meglio Lady Gaga seguendola su Instagram mi sembra una pia illusione. Inoltre qualcuno ne esce maluccio: è il caso di Rick Rubin ormai diventato una specie di Osho della produzione musicale, lo trovi ovunque che dispensa perle di saggezza tipo “Credi in te stesso”. Esistono però molte eccezioni, e nel 202X per un’artista (specie se giovane) questi canali costituiscono uno strumento essenziale per la declinazione della propria poetica.
Guardando il passato è evidente: le vere star di Internet prima di Internet, o se preferite gli Influencer (una parola orrenda che metto in corsivo e prometto di usare con parsimonia), erano proprio gli artisti pop che utilizzando una molteplicità di media (musica, grafica, stile, fotografia, testo, cinema, interviste, documentari ecc.) diffondevano i propri contenuti su piani diversi, incluso quello verbale (esempio perfetto John Lennon). Esistono raccolte di interviste a Bob Dylan, qualcuna anche bella, e per chi lo segue sono un’integrazione molto utile per capire lo zio Bob, così come i suoi (meravigliosi) libri. Oggi questo lavoro di compilazione avviene online, e i siti dei fan talvolta sono miniere: chiunque si sia chiesto come mai Elio e le Storie Tese siano stati la band di culto che erano ha trovato tutte le risposte su Internet, amorevolmente compilate dai loro fan (con quel tipico nerdismo ossessivo e completista).
In realtà però la connessione é più profonda. Se si guarda alla storia della Musica Pop ci si rende conto che, insieme all’amore variamente inteso e a sentimenti come la solitudine, è piena di idee, di opinioni, di concetti fulminanti, di parole chiave che non solo integrano la comunicazione musicale ma possono essere commento sociale, considerazione filosofica e perfino perla di saggezza. Gli esempi sono milioni e ognuno di voi ha i suoi preferiti, quelli che hanno alimentato la vostra immaginazione. Pur non essendo mai stato un fan degli Smiths devo dire che la frase Meat is Murder non è solo potentissima, esteticamente ineccepibile e molto efficace ma è anche un Tweet ben prima di Twitter. Come Say it Loud, I’m Black and I”m Proud, All you need is love o You gotta fight for your right to party. Oltre ai titoli anche i testi talvolta contengono sublimi unità di pensiero: la canzone Smoking Reefers del 1932 contiene la frase “Marijuana, it’s the thing white folks are afraid of” – la cosa che fa paura ai bianchi. La musica afroamericana è piena di immagini fulminanti, da Bob Marley a Marvin Gaye fino a Kendrick: l’Hip hop spesso si basa proprio sulla capacità di produrre dei Meme (nel senso originario). Da sempre i neri hanno utilizzato la musica come strumento di comunicazione multilivello, talvolta in codice. I dischi di George Clinton sono oggetti culturali incredibilmente complessi mascherati da assurdità, a partire dalle copertine dove si declinano insieme la militanza Black e l’Afrofuturismo, la mitologia del Funk e il Surrealismo. Sul retro di Uncle Jam Wants You (Funkadelic ’79) ci sono, piccolissimi, i nomi di tutti gli iscritti al fan club: Internet prima di Internet. Nei primi anni ’90 Chuck D dichiarò “Il Rap è la CNN del ghetto”; qualche anno dopo forse avrebbe detto Social media. Ma questa frase si applica a tutta la Musica Pop, in un senso molto ampio, che fin dall’inizio è un anche un medium sociale dove vengono elaborate molte delle modalità di comunicazione contemporanea, dai Tweet agli Influencer, dalla multimedialità alla creazione di comunità basate su un interesse comune. Con una triste differenza: oggi i Social media censurerebbero il verso degli Who “I hope I die before I get old”, una frase che, perlopiù nel bene ma qualche volta anche nel male, ha informato l’atteggiamento di alcune generazioni.