Ricchi

Metto subito le mani avanti: non ce l’ho coi ricchi; io non lo sono diventato, e un po’ me ne dolgo, ma obiettivamente posso capire come sia successo e quindi farmene una ragione. Conosco un sacco di gente che lo è, di famiglia o di suo, e nonostante il nostro stile di vita sia diverso, questo non impedisce una bella e sincera amicizia. Capisco anche che questo articolo possa suonarvi cattivo: leggete bene perché non c’è cattiveria, ma solo incredula meraviglia.

Il ricco a cui mi riferisco, di solito è nato già ricco, ma ricco ricco; è quello di cui Painé dice “non ha mai avuto il frigo vuoto, quindi non può capire”. Quello a cui non riesci a spiegare come vivi, cosa fai e come gestisci i tuoi soldi perché viene proprio da un altro pianeta, una landa dorata dove il denaro cresce sui platani, i ristoranti sono gratis e nei fiumi scorrono latte, miele e pregiate ambrosie. Questo ricco qua, incurante del mondo e leggiadramente cazzone, ha alcune abitudini per me sinceramente incomprensibili.

Non ha mai le sigarette: minchia, c’hai un conto in banca che sembra il prodotto interno lordo del Paraguay e vai in giro senza sigarette? “No, è che sto smettendo…” ti dice (e magari è perfino vero), mentre si fuma l’ottava del pomeriggio a tue spese. Non ci pensa affatto che tu te le sei comperate, e che se continua così poi dovrai ricomprarle: ha voglia di fumare e lo fa con nonchalanche, proprio come se il pacchetto fosse suo.

Soldi: il ricco-ricco gira spesso senza. Semplicemente dimentica a casa il portafogli (cosa che io non farei mai; so esattamente quanto c’è dentro – poco – e non lo lascerei mai da nessuna parte: troppo rischioso). Questo non sarebbe un problema, se poi quand’è ora di pagare il caffè non toccasse a te. Oh, intendiamoci: magari la sera dopo ti invita a cena in un bel ristorante e paga davvero lui, ma questa mossa spesso innesca un circolo vizioso pericolosissimo, dato che lui non comprende cosa significhi esattamente l’espressione “seimila lire sul conto corrente”.

Fumo: novantasei volte su cento non ce l’ha, ma gli piace assai. Ecco le scuse migliori che ho sentito, pronunciate a voce alta mentre si posiziona per essere nel giro: “Non lo porto mai ai concerti perché ho paura che me lo trovino” (detto senza pensarci proprio a chi ha rischiato per farlo fumare), “Fumo solo quando c’è” (praticamente come con le sigarette…), “Poi fumo troppo e mi stono”.

Tempo: il suo tempo è straordinariamente prezioso, raro e imperscrutabile. Lo cerchi e non lo trovi per settimane, ti metti l’anima in pace (sempre viva la segreteria telefonica) e allora ti chiama lui. Così scopri che viceversa il tuo, di tempo, non conta: ti vuole vedere subito, di notte, di mattina all’alba, ma non domani mattina: ora, adesso, prima. Tutto è sempre urgente, niente è mai rimandabile, il mondo gira intorno a lui. Se poi sei il socio di un ricco o peggio ancora lavori per lui, allora sono guai. Ma non sono stronzi: è proprio che non si rendono conto.

Ce l’ho coi ricchi? No: uno dei miei migliori amici di questo periodo è ben benestante, ma sa perfettamente come gira il mondo e si regola a meraviglia. Di più: non ho alcun pregiudizio contro l’idea di diventare ricco, mandare tutti affanculo e aprire il Laboratorio di Sovversione Umoristica “RadioGladio”.

No. Il concetto che voglio esprimere è: non so dire se tanto denaro faccia la felicità perché non ce l’ho mai avuto. Ma, almeno ad una prima indagine mi pare che chi ha i soldi veri, quelli pesanti, si porti spesso dietro, tra l’altro, un’aura di svagata e impalpabile (ma percettibile e sgradevole) ignoranza della complessa e contraddittoria realtà che scorre giusto aldilà del suo pregevole naso.

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