Uno dei procedimenti insieme affascinanti, terrorizzanti e ricchi di implicazioni della modernità è certamente il Vetting. E’ una parola intraducibile, che si riferisce al procedimento di verifica di qualcosa; è molto usata nel giornalismo, dove definisce la verifica delle informazioni contenute in un articolo, una pratica sacrosanta e mai abbastanza meticolosa (specialmente qui da noi). Esiste anche una forma di Vetting umano; se uno si presenta alle elezioni, teoricamente chi lo candida dovrebbe aver fatto delle verifiche, delle indagini sul suo passato. Esistono naturalmente molti gradi di Vetting, da quelli meno invasivi praticati in Europa (specialmente qua da noi, dove abbiamo perfino dei condannati in Parlamento), fino al procedimento meticolosissimo adottato per i governanti americani, a partire dal Presidente: la loro vita viene analizzata al millimetro, e viene fuori tutto. Non soltanto le eventuali condanne (che basterebbero da sole a escluderli dal governo), ma anche amicizie, abitudini, frequentazioni passate, cannette giovanili, scoperti in banca, eventuali amanti passate o peggio presenti… Almeno tre politici hanno declinato l’offerta di entrare nel governo Obama proprio per evitare il temutissimo Vetting, e il Ministro del Tesoro ha quasi perso il posto per aver dichiarato meno tasse anni prima, benché avesse in seguito ripagato tutto.
E’ una pratica che pone alcune questioni interessanti: i politici dovrebbero essere uomini virtuosi, o invece rispecchiare la qualità della popolazione? Esiste la possibilità di sbagli passati e poi emendati, o di eccessi giovanili? Conta di più la capacità di governare o le associazioni a cui si apparteneva a 20 anni? E in fondo anche la domanda che corre sulla bocca di molti in questi giorni di luglio: può un capo di Governo essere un puttaniere? Domande difficili, con risposte complesse. Personalmente non sopravviverei a un Vetting nemmeno superficiale; fin da piccolo infatti mi è piaciuto mettermi nei guai, e nel corso degli anni le cose non sono affatto migliorate. Questo mi escluderebbe da qualsiasi governo di tipo USA. E in fondo devo dire che non mi dispiace, che in questo mi sento distantissimo dall’idea americana: che vita devi aver fatto per superare un Vetting? Manco una cazzatella giovanile, una sbronza molesta, un’opinione radicale? Neppure a 18 anni?
Quindi da un lato sono abbastanza contrario al Vetting estremo, e in generale credo che nei Governi ci debba essere posto per quasi tutti. L’idea di una casta di Migliori a cui delegare l’amministrazione dello Stato mi pare assurda e pericolosa. Invece spero in un Governo che rappresenti davvero il paese, fatto di gente che magari ha anche esagerato nella vita: non è mica un male, se uno poi sa gestirsi. Sfortunatamente sembra che questo mio desiderio si sia avverato nel peggiore dei modi: perché un conto è essersi fatto degli spinelli a 20 anni (o anche a 40), tutto un altro è essere stati condannati in via definitiva per corruzione l’anno prima di essere eletti. Tra un eccesso ideologico di gioventù (reato assai comune in Parlamento, a destra come a sinistra) e una truffa ai danni dello Stato ci deve essere una differenza. Ovviamente qui in Italia scontiamo una situazione davvero incivile: chi è condannato in Cassazione non viene eletto a niente in nessun altro posto del mondo. Inoltre, non potendo scegliere per chi votare, gli elettori italiani si ritrovano dei candidati scelti dai partiti, gli stessi che dovrebbero fare delle verifiche.
Resta la domanda del mese: si può essere Primi Ministri e trombare in giro? Magari anche sì. Qui per me il problema è lo scenario di squallore pecoreccio e povertà mentale che emerge, e il messaggio etico che ne deriva. Un mondo di bavosi, di troioni, di favori, di buste con dentro molti euri, di scambi e tornaconti personali che neppure l’Italia mi pare che si meriti. Benché invece sembri desiderarlo con grande ardore.