Secessione

Mentre scrivo (fine settembre) c’è un gran movimento nella “sinistra” (qualsiasi cosa essa sia) contro l’intolleranza della Lega Nord e il suo progetto di secessione; i sindacati, i partiti di governo e d’opposizione, la chiesa cattolica e perfino alcuni centri sociali sono scesi in campo per protestare, per dissentire, per dichiarare al mondo che l’Italia è una, indivisibile e compatta.

Essendo un romano da poco trasferito a Milano (circa 4 anni) la questione mi riguarda non poco. Detesto la mentalità razzista e miope dei militanti della Lega, e mi faccio onore di rispondere loro in romanesco stretto quando mi danno un volantino. Mi sembrano brutti, piccoli e odiosi nel loro razzismo da cortile (pericolosissimo). Le loro imprese eroiche mi paiono cazzate astronomiche e il mio slogan personale sull’occupazione del campanile di S. Marco era “Libertà per gli 8 fessi di Venezia” (pena proposta: obbligo per tutti di imparare il dialetto di Tangeri, oppure vivere cinque anni col minimo della pensione locale in Burkina Faso). Spero quindi di avervi convinto che non amo la Lega, Bossi, Maroni, due Maroni e compagnia.

Detto questo vorrei spendere due parole sul concetto di secessione; la secessione è “il distaccarsi di un gruppo dall’unità politica o sociale di cui faceva parte” (dizionario Garzanti della lingua italiana). Quindi tecnicamente si tratta di un gruppo di persone le quali decidono che una particolare “unità politica o sociale” non gli piace. A me, devo confessarvi, l’unità politica e sociale chiamata Italia sono già venticinque anni che mi fa cagare. Lo dico senza alcuna acrimonia: Scalfaro, d’Antoni (the jacuzzi metalmeccanic), Cossiga, Marzullo, Casini o Andreatta (non a caso tutti i nomi citati sono democristiani) sono parte di una unità politica e sociale che mi rivolta le budella. Me le rivoltava prima e me le continua a rivoltare adesso.

A questo punto arriva il Bossi (con quella espressione: ma davvero si sente migliore di qualcun altro? E come fa?) e ci prospetta la secessione. Dice che il nord vuole separarsi dal sud e fare la Padania (che qua al nord si sbellicano come pazzi all’idea dei “padani”). Mi piacerebbe? No, non mi piacerebbe. Ma aprirebbe la strada ad una delle soluzioni più belle, affascinanti e risolutive alla mia situazione di “straniero nella mia nazione” (sangue misto, sxm, “lo straniero”).

Infatti il giorno che questi fessi in canotta fanno la loro secessione, noi ci potremo finalmente fare la nostra. Ci pigliamo una valletta nelle Dolomiti, oppure un pezzettino di Sila o di Abruzzo disabitati e ci facciamo la Repubblica Dello Stare Bene. Chiudiamo i confini, aboliamo la polizia e facciamo un bel governo da fare invidia a tutto il mondo: Presidente Marcello Baraghini (per meriti acquisiti sul campo con 30 anni di stampalternativa), ministro dell’interno Beppe Grillo (che c’ha lo yacht, si rifiuta di esibirsi nei centri ma spacca sempre). Diamo il ministero della giustizia a Ray Charles, e alla pubblica istruzione ci mettiamo Carmelo Bene. Il nostro ministro dello spettacolo sarà George Clinton e quello dell’umorismo sarà Elio. Bilancio, finanze e tesoro? Io proporrei di darli al ragionier Petronazzi Armando di Ficonotta (Ge): nessuno sa chi è, fa benissimo i conti e la sua famiglia di 5 persone vive con 1.350.000 lire al mese. Legalizziamo subito la marijuana (anche come fonte di energia alternativa e rinnovabile), mettiamo fuorilegge la democristianità e ce ne stiamo bene, per i cazzi nostri senza ne Bossi ne Prodi.

Forse in Europa non ci vorrebbero. Ma noi siamo superiori e ce ne fottiamo.

D’altronde questa storia di portare l’Italia in Europa non è mai stata in piedi; infatti, se ci pensate attentamente, noterete che l’Italia è già in Europa (per accertarsene basta avere in casa un mappamondo). Vogliamo fare qualcosa di veramente straordinario? Portiamo l’Italia in Madagascar, dove ci vogliono di sicuro, il clima è migliore e c’hanno perfino i lemuri.

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