Spot educational

Mi è spesso capitato in passato di parlare della pubblicità, anche qui. E’ un tema per me interessante e appassionante che mi porto dietro fin dall’inizio. E poi si rivolge a noi tutti, no? Quindi a volte mi sento in dovere di replicare (fosse anche solo per educazione); proprio su questa pagina qualche anno fa cercai di rispondere alla domanda: “Che mondo sarebbe senza Nutella?”

La pubblicità non mi piace per molte ragioni, tutte ovvie e che non ripeterò; in realtà non dovrebbe piacere a nessuno (tranne che al cliente e – in molti casi – al pubblicitario che la realizza). Per molti motivi invece non è così, e non sono solo i bambini che canticchiano gli spot: come spiegare altrimenti le vendite estive di Shakira?

Ovviamente i pubblicitari la pensano in un modo diverso. Per loro una campagna azzeccata fa vendere più telefoni, oltre che essere bella. Anzi, non è detto che un bello spot faccia vendere più scaldabagni. Come spiegare altrimenti la réclame Trony? (Oltretutto insensata: in che senso non ci sono paragoni? In peggio? E in che modo questa pubblicità è descrittiva delle qualità del prodotto, come suggerisce il codice di autoregolamentazione dei pubblicitari medesimi?)

Però a volte anche il pubblicitario si interroga su queste questioni, capisce che ogni tanto esagera e si ingegna a trovare un metodo per riparare almeno parzialmente al danno fatto. Diversi degli addetti con cui ho parlato di questo mi hanno posto una questione: “E se la pubblicità oltre a pubblicizzare un prodotto trasmette anche un messaggio etico? In questo caso è il messaggio che conta, o no?”

E mi hanno fatto degli esempi di campagne di questo tipo: una per tutti è quella della pomata contro i dolori che nel finale suggerisce una posizione per non farseli venire, ma ce ne sono a bizzeffe. L’uomo copertina di questa tecnica (uno che sembra sempre dire delle cose molto avanti) è Oliviero Toscani, che ha usato gente di ogni razza, condannati a morte, malati di aids: la sfilata delleato di Aids? Sappiamo poi che fine hanno fatto i condannati a morte? Macché: l’unico nome che resta impresso – come è naturale che sia – è quello di chi paga; e paga pochissimo. Forse non tutti sanno che le campagne di Toscani per Benetton sono costate meno di quelle dei concorrenti e hanno fruttato di più in termini di incassi. Quindi il caso umano – come è ovvio – fa vendere più sciarpe, esattamente come incolla il pubblico davanti alla tv (e costa meno di Madonna).

Quando nel ‘90 uscì RadioGladio, qualcuno mi invitò a cantarla ad una festa alla quale sarebbero stati presenti molti personaggi potenti: “Così puoi dirgliene quattro”. Io ci pensai su una settimana, parlandone con amici saggi, e alla fine rimasi a casa. L’altra soluzione sarebbe stata di andarci, e fingendo la più completa felicità per l’invito, versare un cuba libre nel mixer – mandando così a puttane l’intera serata – per poi andarmene scusandomi molto. Non c’era una via di mezzo perché è sempre il contesto che vince; un po’ come andare da Costanzo e pretendere di far passare un messaggio autonomo: quello che passa è il suo. Quindi per me l’unico messaggio positivo possibile in una rèclame deve neutralizzarne l’effetto primario (Nuova Mercedes modello Portaerei: prima di rovinarti per comperarla, vai dallo psicologo e curati i complessi). Tutto il resto porta acqua al mulino del cliente.

Temo quindi che questi professionisti (alcuni straordinariamente intelligenti e quindi travagliati per questa questione) dovranno trovare un altro modo per sgravarsi la coscienza. Un problema questo assai diffuso nel mondo moderno, che offre mille soluzioni alla portata di tutte le tasche: il khomeinismo biologico, l’impegno per la diffusione del consumo alimentare di insetti in occidente, il girotondismo compulsivo estremo, l’urinoterapia…