A luglio hanno chiuso per quattro mesi la discoteca Cocoricò di Riccione, a causa del decesso di un giovane cliente. Su questo provvedimento si sono espressi in molti, con pareri opposti. Per diverse ragioni, come ho scritto in quei giorni, mi è parso un provvedimento sbagliato, ma non è di questo che voglio parlare. Leggendo il testo del Questore di Rimini, dove si elencano le motivazioni della chiusura, c’è un paragrafo che spicca tra gli altri. Lo definirei un passaggio culturale, e mi pare molto utile rifletterci su:
Considerato che, al di là del luogo e/o della persona presso la quale il minore possa essersi procurato la sostanza stupefacente che gli ha poi cagionato la morte, particolarmente significativa appare la circostanza che egli, pur essendosela procurata giorni prima, non l’abbia consumata subito per soddisfare un bisogno psicofisico tipico del tossicodipendente, bensì se la sia procurata per consumarla in un momento successivo, ovvero in uno “spazio emotivo” ben definito, perché nella sua concezione distorta di divertimento, il “Cocoricò” e le serate ivi organizzate rappresentavano il luogo “perfetto” ove assumerla.
Quindi una delle colpe dei gestori del Cocoricò sarebbe quella di offrire uno “spazio emotivo” speciale (il luogo “perfetto”), che favorirebbe l’assunzione di droghe. Chiunque sia mai stato al Cocoricò, sa benissimo che non è una discoteca diversa dalle altre – a parte le dimensioni e la lussuosa selezione di DJ. Quindi, salvo eventuali club dove si suona Mozart, la questione dello “spazio emotivo” li riguarda tutti. E quali sarebbero gli ingredienti di questo speciale “luogo ‘perfetto’ ove assumere droga”? Mi pare ovvio: le luci, la gente e soprattutto la musica.
Ovviamente, da un Questore non ci si aspetta una raffinata comprensione dei meccanismi dell’arte (che infatti, secondo me, dovrebbe lasciare fuori dalle ordinanze). Però, in certi casi, una delle sue funzioni è proprio quella di portarci altrove – grazie al cielo. Moltissima dell’arte del passato ha anche lo scopo di immergerci in un mondo diverso, abitualmente piuttosto psichedelico. Dalla Cappella Sistina ai capolavori fiamminghi del ‘400, lo scopo è anche quello: perderci, darci la vertigine, farci abbandonare la realtà. E la musica? Chiunque abbia familiarità con Debussy, Wagner o Bach sa di cosa parlo: la musica ha come scopo primario quello di alterare la realtà, e portarci altrove. Dice: ma i drogati ascoltano la Techno, mica la musica Barocca. Basta rileggere il breve libro Le porte della percezione del Nobel Aldous Huxley per scoprire che non è così. E il brano classico in assoluto più popolare del ‘900, il Bolero di Maurice Ravel, con le sue ripetizioni crea uno “spazio emotivo” intensamente inebriante.
La verità è che al Questore di Rimini, la Dance gli pare musica per drogarsi. E lo “spazio emotivo” di cui parla è creato dalla cassa in quattro, l’impiego di certe sonorità, di strutture musicali (e effetti di luce) che invitano al ballo “dionisiaco”, in uno spazio dove molte altre persone provano le stesse sensazioni. Quindi, ne deduco, ha imposto quattro mesi di stop al locale anche affinché si provveda a modificarne lo “spazio emotivo”. Una richiesta insensata e inaccettabile, che aprirebbe le porte a decine di provvedimenti ridicoli: via il Rock, che secondo Alberoni “è espressione di esperienze parossistiche possibili solo con la droga”. Via la letteratura Beat, che spinge alla ribellione e alla promiscuità. E già che ci siamo via anche Tinder, spazio emotivo immorale, e pure Internet, dove si leggono opinioni che creano spazi emotivi allarmanti.
Se dentro al Cocoricò si commettono dei reati, va chiuso. Se fuori dal locale si spaccia, bisogna sorvegliare e punire (secondo le vigenti leggi). Ma lasciamo stare gli spazi emotivi – che poi un Questore si fa prendere la mano e scrive frasi pericolose come queste.