Ogni tanto, nel corso degli anni (quasi 13) nei quali ho occupato questa pagina, mi è capitato di parlare di cazzi miei – in senso letterale (in senso figurato invece lo faccio quasi sempre). E’ successo quando ho fatto il mio primo sito, che però si rivolgeva anche a voi, quindi aveva un senso dirvelo; e quando ho perso mia madre, perché non avevo voglia di scrivere niente di leggero. Poi l’ho rifatto qualche tempo fa, in un articolo amaro sull’anti-italianità e il desiderio di andarmene. Confesso che almeno gli ultimi due pezzi forse altrove non li avrei scritti. Ma negli anni mi sono abituato a considerare questa pagina un po’ mia, e ho pensato di potermi prendere questi piccoli lussi: m’è andata bene, di questo nessuno s’è lamentato, anzi un sacco di gente legge spesso questa pagina (e qualcuno poi poi è così grazioso da venirmelo a dire o scrivermelo: grazie mille ancora). Ecco come mai stavolta ho deciso di raccontare cosa mi succede – dato che mi succede una cosa bella e curiosa.
Negli ultimi tempi, gran parte del mio lavoro gira intorno a due poli, distanti e ben separati, finora. Come “lavoro”, cioè come principale attività, ho l’insegnamento, che ho scoperto tardi e che mi piace davvero moltissimo. Non solo, due delle materie che insegno (Musiche, stili e culture Pop e Ascolto), mi permettono di discutere con gli studenti di questioni importanti, come la libertà – o come funzionano i vuoti nel dub. La mia attività più creativa invece si è espressa intorno a un fenomeno di cui vi ho abbondantemente parlato qui, tanto che qualcuno mi ha perfino detto che forse era troppo: le sessualità alternative, l’alt porno, le comunità sessuali in rete, ecc. Il mio spettacolo, Realcore: la rivoluzione del porno digitale, poco rappresentato in Italia ma noto altrove, parla proprio di questo. E’ una conferenza? Cabaret? Una visita guidata nel mondo del sesso online? Un comizio sulla liberazione sessuale? Non è chiaro: all’estero, per sbrigarsi, mi chiamano artist.
Una parola che ho sempre temuto moltissimo, e dalla quale mi sono anche pubblicamente dissociato più volte: artista sarà lei. Questo anche perché mi sembrava, e un po’ continua a sembrarmi, che la maggior parte degli artisti siano dei mollaccioni senza denti, gente che fa roba “bella”, o anche “oscuramente affascinante” oppure solo “intensamente suggestiva” – categorie che a me interessano poco. Poi invece ho scoperto, con una certa sorpresa ma anche con gioia, che anche io ero un’artista, e che non dovevo essere un eccentrico, ritardatario sciattone per esserlo, ma potevo rimanere me stesso. Un artista delle chiacchiere, forse delle idee, o anche – come dice Joseph Beuys – uno che prova a fare delle sculture sociali dove il pezzo non è quello che fai, bensì l’effetto che questo produrrà nella testa del pubblico. Sicuramente un artista politico. Ma questo voi lo sapete già, se leggete questa pagina.
Ovviamente un lavoro del genere in Italia non si fa: se dovessi stare ai riscontri, e alla rassegna stampa (incluso Rumore), che il mio lavoro ha prodotto qui, dovrei smettere e basta, altro che sculture sociali. Invece, per fortuna, altrove non è così, e così le due cose che faccio nella vita adesso pare si uniranno. Dal prossimo gennaio infatti, per cinque mesi, abiterò negli Stati Uniti in qualità di “visiting artist” alla scuola dell’Art Institute of Chicago, dove terrò un corso sui molti aspetti della pornografia digitale (tutti i dettagli su sergiomessina.com). Naturalmente è un miracolo, lo dico per primo. Credo però anche che non sia affatto casuale che si parli di pornografia e di Alt Sex con uno che viene dalla musica, che scrive su Rumore e che pratica l’underground, e che quindi tra le due cose ci sia più di una relazione (per esempio l’idea di liberazione). Questo anche per dire che i prossimi 5 articoli arriveranno su questa pagina da Chicago, e forse avranno un sapore un pochino diverso.
sei un grande come sempre !!!! rimani li che veniamo tutti negli States!! Qui in Italia ci siam rotti i coglioni !