The devil made me do it

Mentre scrivo Lapo Elkann è ancora mantenuto in coma farmacologico, ma è fuori pericolo. E’ l’11 ottobre; non immagino cosa dirà quando parlerà ma non è importante, perché non è lui l’oggetto di questo articolo. L’occasione invece nasce dalle migliaia di dichiarazioni di suoi amici ma soprattutto di esperti, che stanno affollando in questi giorni i media, e che fanno risalire il consumo di sostanze a un’infinità di cause: le responsabilità, la famiglia, “il peso del marchio Fiat”, e più in generale la mamma, la società, il demonio, la mancanza di difficoltà nella vita, la competitività e la ferocia del mondo moderno, la scarsa fede religiosa e via dicendo.

Discorsi a mio parere intensamente inesatti, e pericolosissimi da fare in televisione. Ognuno di noi infatti tende a vivere le proprie difficoltà come immense, e quindi a sentire Vespa e i suoi ospiti avremmo tutti un buon motivo per drogarci: il mutuo, una relazione sentimentale problematica, la borsa, l’ansia, la placca… La verità è che, sopra una certa età, c’è una sola buona ragione per stonarsi: perché piace e ricrea. E se molte delle ragioni citate sopra hanno certamente rilevanza per gli adolescenti (come ho già scritto qui, quella mi pare l’età più difficile della vita, quella in cui il desiderio di spegnersi è più feroce, ma in cui è importantissimo stare accesi), sono ridicole se riferite a un trentenne.

Attenzione: non voglio affatto sostenere che il problema non esista, anzi. E’ proprio chi tende ad attribuirgli delle ragioni esterne che secondo me minimizza: una volta rimossa la causa tutto andrebbe a posto. E invece chiunque ci sia passato (e ne sia uscito definitivamente da vent’anni, come il sottoscritto) sa benissimo che il vero nocciolo della dipendenza è, come per tutte le cose che danno piacere, il desiderio compulsivo di ripetere quell’esperienza, di riprovare quella sensazione. E’ bizzarro che gli psicologi della Tv non abbiano considerato le implicazioni di questo classico meccanismo umano. Se provi la Cocaina e ti piace l’effetto che ti fa (una cosa piuttosto probabile), è prevedibile che tu voglia rifarlo, esattamente come chi ha provato il Tartufo d’Alba e gli è sembrato sublime, poi si farà 500 chilometri in macchina per rimangiarne. Il problema con le droghe (ma non solo, è lo stesso col cibo e anche con l’amore) è che poi si cerca in ogni modo di potenziare, sistematizzare, procrastinare quella sensazione – e questo è sempre malsano. Ma se al buon Raspelli (critico gastronomico della Stampa) la cibomania l’ha semplicemente trasformato nel signor Papalla, delle sostanze che influiscono fortemente sulla psiche e l’umore (come la Coca) possono trasformarti in Mr. Impossible (come sa benissimo chiunque abbia frequentato dei cocainomani senza esserlo) e, in casi di estrema ingordigia, mandarti in coma.

Quindi la soluzione non arriva mai da fuori, ma dipende sempre e solo da se stessi. Ed è esattamente su questo punto che i media entrano in crisi. Infatti viviamo in un mondo che coltiva intensamente il gusto dell’eccesso, e legittima in mille modi la mancanza di disciplina e di moderazione (per accertarsene basta guardare la Tv del pomeriggio), che sono gli unici strumenti realmente utili se non si vuole essere dipendenti da niente, Cocaina, Crema Chantilly o San Patrignano. Quindi è ovvio che questo sistema mediatico entri in crisi quando invece, su un singolo fronte, debba invocare moderazione assoluta e disciplina ferrea (fino all’ipocrisia pura: si può bere responsabilmente ma non drogarcisi). Due accessori questi che, se applicati con giudizio (solo chi apprezza la disciplina può essere davvero indisciplinato), sono veramente utili in molti settori della vita, dalla telefonia cellulare allo shopping, fino ai rapporti con gli altri e alla Droga (una parola che non significa niente, ma questo è un altro articolo). Che evidentemente è qui per restare, quindi tanto vale che ci facciamo i conti per bene, senza raccontarci delle scuse o prendercela con l’incolpevole mamma.