The Sound of Music

Nel 2013 la musica suona davvero da schifo. La acquisti su internet e ti vendono dei miserabili mp3 di qualità mediocre. Compri uno stereo e suona come una latta di pelati; le cuffie pompano tutte certe frequenze e vanno bene solo per alcuni generi. Accendi la radio e il suono è sparatissimo (per via della ri-compressione che fanno le emittenti), nessuna dinamica (la differenza tra piano e forte), tutto a palla. Ai concerti è un disastro (salvo a quelli degli Elii e pochi altri), i locali spesso suonano male – per non parlare degli stadi. Insomma nel 2013 la musica suona di merda ed è un peccato, considerando che invece la musica in sé non sarebbe affatto brutta, e se fosse realizzata e venduta con un’altra logica avrebbe tutto un altro appeal, almeno per me.

Com’è successo? Il problema inizia con l’introduzione del CD, nell’83. Semplificando: si passa da un sistema sostanzialmente illimitato, quello analogico, a uno programmaticamente limitato, appunto quello digitale del CD. Le ragioni di questo passaggio sono sostanzialmente commerciali e economiche: in un CD ci sta il doppio della musica (e quindi genera il doppio dei diritti). Se poi io ti racconto che il CD è “il massimo della qualità” e “durerà per sempre” (due bugie effettivamente raccontate dalle major), posso anche rivenderti il catalogo passato: le ristampe restano la principale fonte di incasso per le grandi discografiche. Il CD resuscita un’industria in profonda crisi, e introduce questo nuovo suono digitale pulitissimo, algido e privo di ciccia. Ovviamente i produttori di stereo (e di walkman) si adeguano, e iniziano a produrre impianti dotati di meccanismi che compensino la magrezza digitale, e in particolare due: i bass booster (un pulsante che di solito si tiene perennemente acceso) per aumentare frequenze deboli, e le casse mediocri per coprire le magagne. Eh sì, perché avendo degli speaker di qualità (e possibilmente un amplificatore adeguato) la differenza si sente immediatamente – mentre con casse barzotte e ultrabass tutto suona uguale.

Ma il vero colpevole dello stato attuale del suono è sicuramente Steve Jobs, l’inventore dell’iTunes Music Store. E’ chiaro che per la Apple la qualità del suono non è una priorità. Non solo vende file di qualità mediocre (mentre potrebbe almeno venderli in qualità CD), ma fino a ieri su iTunes era presente l’opzione “converti tutta la libreria a 128kbps” (tuttora presente tra i setting dell’iPhone/iPad, ecc.), una qualità infima (ma naturalmente così nel player ci sta più musica). Già dall’inizio lo slogan era “migliaia di canzoni in tasca”, e chi se ne fotte se puoi suonano come se fossero finite sotto una pressa. Certo, l’mp3 esisteva prima di Jobs, ma è lui che convince le major a venderli; e un conto è scaricare un mp3 illecito dalla rete, un altro è comperarmelo a € 1.29. In questo caso pretendo anche la qualità – per non parlare di quello che dovrebbe pretendere la musica: vendere gli Who in mp3 significa ignorare qualsiasi dibattito sull’importanza culturale della loro musica (che in mp3 fa cacare, come quasi tutta quella prodotta prima degli anni ’80).

Tutto questo ha causato il guaio finale: la disabitudine all’ascolto di qualità, esperienza oramai rarissima. Almeno una volta c’erano i cultori dell’Hi-fi, e ogni tanto capitava di ascoltare i dischi come cristo comanda. Oggi invece ce ne siamo dimenticati, un vero peccato. Ecco perché sono importanti le (poche, purtroppo) voci che si alzano per protestare. Come quella di Neil Young e del suo progetto Pono, un sistema di riproduzione musicale digitale che promette di alzarne la qualità. Sì, perché la risposta a questo problema non è il ritorno al vinile, che pure deve vivere e prosperare per chi può permetterselo, ma l’introduzione di nuovi standard che abbiano i vantaggi del digitale (portatilità, facilità di trasmissione, copiabilità) ma che suonino come si deve. Insomma, è possibile che in un futuro prossimo dobbiate cambiare casse. Però credetemi: è una buona notizia.

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