(Testata: Sni;z)
Mp3, Realaudio, SDMI, Liquid audio sono le nuove parole di un vocabolario che ha almeno un secolo: 78 giri, Long Playing, Stereo 8, Compact Disc, e poi DCC, DAT, MC, EP… E’ la lista dei “supporti fonografici”, la poesiola dei sistemi che cambiano. La tecnologia per riprodurre la musica, di cui il cd è l’esempio recente di maggior successo, ha cambiato per sempre la percezione di questa arte: potersi portare a casa Tom Waits (o Glenn Gould) che suona per noi all’infinito continua ad essere una esperienza meravigliosa, oltre che il cuore di un business stratosferico.
Adesso però c’è un sistema che ce li recapita direttamente a domicilio, ci da la scelta tra miliardi di titoli disponibili e ci consente di accedere immediatamente a quello che cerchiamo: la rete telematica, pensata per lo scambio di testo e di immagini, adesso trasporta anche la musica. E come in tutte le nuove frontiere, per adesso c’è il Far West: album appena usciti da scaricare illegalmente gratis, sofisticati sistemi di controllo della musica in rete, artisti in preda al panico che si dichiarano “contro internet e contro la pirateria”; insomma, il caos totale. Gli attori di questo film, che sta tra “Per un Pugno di Dollari” e “Quarto Potere”, sono sostanzialmente tre: il musicista che fa la musica, voi che la comperate e l’industria del disco, che la fabbrica e la vende.
Il Musicista
Avrebbe tutto da guadagnare; in teoria infatti lui fa l’artista, e la sua principale preoccupazione dovrebbe essere quella di raggiungere il maggior numero di persone possibile, lasciando ad altri il compito di battere cassa. Il condizionale è d’obbligo perché stiamo parlando di una delle categorie più avide del pianeta. Nella realtà il musicista è generalmente favorevole alla rete, purché gli vengano garantiti dei diritti d’autore adeguati. La cosa triste è che, tranne in rarissimi casi, sa poco della questione, la guarda con sospetto e la intende solo come strumento promozionale.
Tutto diverso se il musicista è fuori dall’industria: oggi un nuovo gruppo può distribuire le sue canzoni in rete, facendosi conoscere e costruendosi un piccolo seguito. Quelli che suonano musiche meno commerciali (dalla dodecafonia alla musica tradizionale del Niger) possono arrivare al loro pubblico in tutto il mondo, potenzialmente come Michael Jackson, e non restare fuori com’è accaduto fin’ora: le case discografiche hanno infatti politiche di accesso molto rigorose in termini di vendite minime.
Voi
A voi vi va di lusso; basta col negoziante sotto casa che non tiene i cd dei Kjzwnw, gruppo punk aleutino di cui siete solitari fans. Non dovete nemmeno ordinarlo per posta: andate su www.kjzwnw.com e vi scaricate l’album, la copertina, le note, le foto, etc. (la maglietta però viaggia ancora per posta), poi pagate con la carta di credito ed è fatta. L’ascoltate direttamente dal computer, oppure potete stamparvi il compact; e c’è perfino un walkman in grado di contenere diverse ore di musica, a 199 dollari. Insomma una pacchia. Con alcuni però: i diritti d’autore innanzitutto (che vanno ai musicisti e alla casa discografica) dovrebbero comunque essere sempre pagati, e al momento non è affatto così. Nessuno dovrebbe poi poter lucrare sulla musica altrui senza permesso; invece purtroppo questo succede, e bisogna impedirlo.
Voi poi direte: “Ma il negoziante che farà? Sarà costretto a chiudere?” La risposta è nell’espressione “la sopravvivenza del più adatto”, coniata da Darwin per descrivere il meccanismo dell’evoluzione; è ovvio che i negozi di dischi, e non solo loro, dovranno adeguarsi e mutare. Già in molte librerie servono il caffè: ecco una cosa che un sito web non potrà mai darti.
L’industria
Ecco chi veramente dovrà cambiare per sopravvivere. Già da molti anni ormai le case discografiche hanno perso gran parte del loro ruolo, tramutandosi in gioiose grancasse promozionali del successo del giorno. Sono infatti la promozione e la distribuzione il loro forte: li mandano in tv, li spingono con le radio, li fanno piazzare bene in vista nei negozi. E’ ovvio che, essendo il web per sua natura così gigantesco, la promozione e la visibilità sono destinate a giocare un ruolo decisivo nella diffusione della musica; e le grandi case discografiche sono ormai pochissime: immense multinazionali globali con interessi molteplici (William Gibson le chiamerebbe “vaste entità viventi”), in grado di mettere in campo una capacità di fuoco promozionale straordinaria. Non si capisce quindi cosa le spinga ad inventare sistemi pazzeschi di protezione dalle copie (che fin’ora abbiamo sempre potuto fare), interrompendo il rapporto di fiducia con noi e creandoci molti disagi. Ma io non mi preoccupo, perché mi pare che l’affermazione di un sistema piuttosto che di un altro dipenda in gran parte dal pubblico (come insegna il sostanziale fallimento del minidisc); e voi non siete mica gente che si lascia sottrarre delle libertà, no?