Vile Vinile

Lady MadonnaEssendo antico, naturalmente nasco col vinile – per la precisione col 45 giri. Il primo acquistato coi miei soldi fu Lady Madonna dei Beatles. I 33 erano ancora oggetti esotici, e ci voleva un giradischi apposta per suonarli. Nel corso del tempo ho comperato svariati quintali di dischi, a volte in situazioni paradossali: non solo il digging esiste da molto tempo, ma all’epoca c’erano ancora i magazzini – hangar ricolmi di album venduti a 500/1000 lire (25/50 c) ognuno. Bei tempi (naturalmente possiedo ancora l’intera collezione, alcune migliaia di Lp, e anche un giradischi). Poi quei tempi sono andati, è arrivato il CD, che suonava peggio del vinile; poi l’Mp3, che suonava peggio del CD, e oggi lo streaming – che, se hai culo, suona come un Mp3 mediocre. Quindi, forse prevedibilmente, da qualche anno stiamo assistendo alla “rinascita” del disco, al fenomeno del collezionismo, al fiorire di negozi specializzati e etichette che producono esclusivamente su vinile. Ci sono alcuni aspetti di questa storia che non mi convincono, e se non convincono neanche voi, magari c’è davvero qualcosa che non va.

In soldoni il vinile, o più precisamente il Cloruro di polivinile, è una plastica gommosa che viene pressata da un “negativo” e fissata con l’uso di altre sostanze, per diventare un disco suonabile. Più vinile ci metti, meglio suona. Infatti le edizioni pregiate sono valutate proprio in base al peso: si arriva, credo, fino a 220 grammi. Con la copertina si arriva facilmente a 250. Ovviamente questo vinile, la cui lavorazione produce una certa quantità di scorie, deve poi essere distribuito ai negozi, su mezzi a motore. O magari spedito per posta: camion, postini, chilometri. Ricordi? Ogni vinile 250 grammi, 4 fanno un chilo, 40 sono 10 kg. Ma immaginiamo che tutta questa logistica abbia un senso, e il giovane con barba e soldi da spendere sia effettivamente molto gratificato dal suo acquisto di vinili nuovi fiammanti, appena stampati. Corre a casa per ascoltarli. Ma come suoneranno? Per esperienza pluri-decennale, so benissimo che il giradischi ha molte più variabili di un CD player, o di un iPod. E che la calibrazione di un piatto è un’arte raffinata: a che servono tutte quelle rotelline sul giradischi Technichs 1200? Proprio a questo, e se non le sai usare il tuo vinile suonerà male. La puntina sarà in buono stato? E l’amplificatore avrà un buon convertitore RIAA? Non sono dettagli: è così che il vinile suona meglio. Come dici? Hai un giradischi USB attaccato al PC? Cioè converti il segnale analogico in uno digitale? E per quale ragione dovrebbe suonare meglio di un file? Però comunque il vinile ti dà la sensazione di toccare la musica, di vederla nei solchi? Ehm.

Quindi abbiamo una rinascente industria del vinile consumer (non DJ), che inquina assai (è di qualche giorno fa la notizia che la Third Man Records ha aperto una nuova fabbrica di dischi, sostenendo di essere la prima a dotarsi di “presse sicure per l’ambiente”; suppongo quindi che tutti gli altri continuino a inquinare), richiede lo spostamento fisico di merci, e esiste allo scopo di soddisfare un’esigenza emozional-consumistica di bianchi ricchi, europei e americani. I quali non si accontentano dei file digitali, considerati plebei, ma desiderano il cartone, la busta, il disco, e probabilmente una esperienza di ascolto mediocre.

Non mi va giù, per mille ragioni, ma principalmente una. Le buone soluzioni per il futuro, non sono mai il ritorno al passato, mai. Il futuro della musica non sta nel disco, ma proprio per niente. Il futuro potrebbe essere bellissimo: cose digitali che suonano meglio del vinile, e costano infinitamente di meno. Note di copertina multimediali, e contenuti extra perfino fisici e esperienziali, se serve. Un formato universale e libero, che garantisca a chiunque nel mondo l’accesso ai ricchi mercati bianchi. La creazione di una piattaforma condivisa, open access, che superi la logica dei mercati chiusi come iTunes o Beatport. Cose davvero importanti e utili per la musica, altro che il vinile.

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