Non ho mai amato Vasco. Mi ha colpito la prima volta che l’ho visto (Sanremo 1982, Vado al Massimo), ne ho compreso la portata negli anni, e l’ho perfino visto dal vivo, circa 1985. Alcune sue canzoni mi affascinano, anche per la semplicità comunicativa, ma non mi viene il brividone quando parte Siamo solo noi. Sarà il rockkone facilone, le soluzioni semplici, la batteria tonante, quel suono da stadio che mi pare tremendo – insomma la sua musica non mi piace e non ne subisco il fascino. Ci tenevo a dirlo subito che così ci capiamo. Naturalmente non sottovaluto il fenomeno Vasco Rossi, e capisco perfettamente come mai abbia centinaia di migliaia di fan: la sua musica, e i suoi testi, creano grandissima identificazione da parte del pubblico – che li “sente”, li canta, li indossa e se li tatua. Il fatto che a me non succeda non significa nulla: ho altri gusti, mi piacciono i Tool, i NERD e C. W. Stoneking ma non Vasco. Per tutte queste ragioni non mi verrebbe mai in mente di scrivere un pezzo su di lui, e se fosse per la musica non lo starei scrivendo: gli farei un post di auguri sul mio blog, cosa che peraltro ho fatto.
Viceversa Vasco, da qualche tempo, è sotto attacco mediatico. Il tutto ha radici antiche: da molti in Italia Vasco Rossi viene visto come il demonio. Il paladino di questi lucidi analisti è naturalmente il sottosegretario Giovanardi, che da anni lo addita come cattivo maestro (rendendomelo così automaticamente tre tacche più simpatico). Gli fa eco la porzione schierata dei media italiani – cioè quasi tutti, e specialmente le Tv: la coca, la vita spericolata, l’anti-proibizionismo e, di recente, Facebook. Vasco infatti, a differenza di tutte le pop star italiane (essendo tra l’altro il più popolare, forse secondo solo a Celentano), ha scelto di rivolgersi direttamente al proprio pubblico attraverso dei videoclip pubblicati sul social network, al ritmo di uno al giorno. Vasco canticchia, parla a ruota libera, ride, sfotte il prossimo – insomma fa quello che fanno in molti su Youtube. Il che è davvero inaudito per una rockstar del suo calibro, una novità assoluta specialmente in Italia, dove nelle interviste ti arriva la lista degli argomenti di cui la star non vuole parlare, e dove spesso si fanno domande davanti a un press agent facente funzioni di avvocato (“No, di questo non parliamo”); dove quando il il cantante anche impegnato, perfino di sinistra, va in Tv pretende di essere inquadrato dal lato buono, e ha un addetto per assicurarsi che le luci non siano eccessivamente impietose col suo riporto; dove ogni volta che qualche cantantino fa una dichiarazione un po’ forte, subito dopo arriva la smentita – manco fossero dei politici.
In un mondo di Ligabuoi truccati e tinti, di Zuccheri fotocopia, di Battiati pomposi e gli altri non pervenuti, io tifo per Vasco – che ha palle di titanio. Perché su Facebook non solo ci scherza e ci gioca, ma condivide un momento di difficoltà. E non mi riferisco a questa sua recente misteriosa malattia (dalla quale gli auguro una veloce guarigione) ma alla complessa fase della sua vita (legata all’età e suppongo a molto altro) che ha deciso di vivere pubblicamente. Questo non solo è encomiabile da mille punti di vista (essendo molto noto e amato), ma io lo trovo un atteggiamento intensamente Rock’n’roll – forse la mossa più R’n’r di Vasco da sempre. Il suo canale video è come il suo repertorio musicale: si ride, si piange, si condivide e ci si identifica. Confesso che i suoi clippini mi piacciono molto di più di Alba Chiara (ma non di Colpa d’Alfredo, capolavoro italico di scorrettezza politica).
Quindi forza Vasco, siamo con te, rimettiti, e continua a informarci su come stai, cosa pensi e come la vedi. Abbiamo bisogno di qualcuno come te, dritto, sincero e benevolo; uno zio un po’ sbarellato ma sapiente, ricco ma incasinato come tutti noi, famosissimo ma pure lui a dire la sua su Youtube. Grazie Zio, che se non era per te ci toccava il Liga – e un rocker che piace a Giovanardi…