Web 3.0

Se siete tra quelli che pensano che il web sia fantastico, che l’email sia insostituibile, che gli instant messenger siano un modo proprio nuovo per comunicare, che Myspace possa dare una svolta alla musica e alle altre arti, che Flickr o Youtube siano i veri nuovi media – insomma che il cyberspazio possa essere un “luogo” di lavoro, di svago e di coltivazione dei vostri interessi, allora dovreste visitare Second Life.

Second Life si presenta come un MMORPG (abominevole acronimo inglese che sta per “Enorme gioco di ruolo multiplayer, in rete”): si scarica un software gratuito (che alla fine pesa circa 160 mb) e si accede a un mondo virtuale piuttosto simile al nostro: prati, case, città, campagne, ecc. Ognuno di noi si presenta come un Avatar, un doppio digitale. Qui sta la prima differenza coi soliti giochi: questo alter ego è infinitamente personalizzabile anche nella versione base, col risultato che nessuno si assomoglia: maschi, femmine, orsetti di peluche e tutte le vie di mezzo. Una volta realizzato il nostro doppio, si accede al gioco: Second Life ha oltre 1.700.000 residenti (cioè persone che sono entrate almeno una volta) e, mediamente, ci si trovano tra le 10 e le 15.000 persone – una marea. Si cammina, si vola (e c’è anche il teletrasporto), si chiacchiera (via chat), si va a ballare (utilizzando delle animazioni a volte sconcertanti), si tromba (come dei ricci, ovunque e comunque), si legge (ben due riviste hanno delle redazioni su Second Life), si possono seguire conferenze e lezioni (potendo interagire con delle domande), vedere dei film (Second Life supporta lo streaming audio/video in tempo reale) o delle mostre d’arte. Il nostro Avatar è dotato di una serie di strumenti per orientarsi, ricercare e comunicare – sia in privato che in pubblico.

Fino a qui sarebbe solo un bel gioco. Ma Second Life è maledettamente più complesso: esiste una valuta locale, i Linden $ (con un cambio ufficiale col dollaro: 1000 L$ equivalgono, stamattina, a circa 4 $) con la quale è possibile comperare di tutto: corpi, capelli (pazzeschi, con animazioni mozzafiato), vestiti, accessori, terra, una casa (ce ne sono in vendita su Ebay per dei dollari veri), una foresta: esistono delle vere e proprie star della modellazione 3d che costruiscono luoghi straordinari: con un buon monitor, un po’ di CPU e una bella connessione grassa l’effetto è strabiliante. Ovviamente avere una foresta privata con casa sugli alberi (ne ho vista una da far impallidire Disney) costa un bel pò, e c’è gente che spende fino a 180 $ (veri, non Linden) al mese per stare su Second Life: sono i ricchissimi, una elite minuscola di proprietari. Gli altri vivacchiano (bastano 6 dollari al mese per poter iniziare a costruire) o, come la stragrande maggioranza dei residenti, accede gratis e semplicemente esiste. Poi è possibile trovarsi un lavoro: come sorvegliante, lap dancer o prostituta/o (molto richiesti, ma bisogna investire nel proprio aspetto), dj, guida turistica, cantante, fotoreporter (per uno dei vari giornali di Second Life), oppure inventarsi qualcosa di nuovo e arricchirsi.

Suona familiare? Lo è: Second Life è un pò Sims, un po’ GTA, un po’ Instant Messenger e anche un pochino Myspace. Inoltre ha una incredibile somiglianza col web: è scalabile all’infinito, completamente personalizzabile (come i siti), e consente di fare tutto. All’inizio di Internet molti pensavano che fosse una cosa per nerd e pippaiuoli, e lo stesso oggi si pensa di questa piattaforma (che, pare, si appresta a diventare open source). Invece Second Life è semplicemente inevitabile, come l’evoluzione in natura. E’ il web come lo abbiamo sempre sognato: non più pagine ma luoghi, non più blog ma gente visibile, non più fuori ma dentro – tutti insieme. Adesso è come il web nel ’96: ricchi, nerd, pippaiuoli e cazzate. Oggi però le cose corrono assai più veloce, e se il linguaggio di programmazione sarà reso pubblico (come è l’html), Second Life sarà a tutti gli effetti come il web – forse il prossimo web. Vi consiglio caldamente di dargli un’occhiata ma attenzione, potreste non uscirne più: rimanere come me incastrati, con la testa piena e una domanda senza risposta: se questo è un gioco, qual è lo scopo finale, l’oggetto del giocare?

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