Ho conosciuto Armando prima di nome e poi di persona all’inizio degli anni ’80. Il giro della Radioarte italiana era piuttosto piccolo e lui, insieme a Pinotto Fava, ne era tra i principali protagonisti grazie al programma Rai Fonosfera, poi diventato AudioBox. Assai colto ma senza alcuna ostentazione, Armando veniva dal teatro e aveva già pubblicato il primo dei suoi deliziosi libri, Epistolario. La differenza di età (poco meno di vent’anni) a quell’età (io ne avevo forse 22) mi suggeriva cautela, ma con Armando ci siamo intesi da subito. Ho iniziato a collaborare con AudioBox qualche anno dopo ma senza Armando, che già non c’era più. Questa era una delle sue caratteristiche: sottrarsi, non esserci. Attenzione: per gli amici c’era sempre ma non in Rai. Aveva una strategia fantastica: avendo un contratto da regista che gli consentiva di non dover timbrare il cartellino, Armando arrivava la mattina prestissimo, lavorava con grande efficienza e verso le 11 scompariva. Ma non lavorava meno: comprimeva in tre ore quello che i suoi colleghi (in un’azienda non esattamente modello di efficienza e rapidità, almeno allora) facevano in otto. Nel resto del tempo Armando viveva, era un autentico bon vivant, esperto di molti piaceri coi quali talvolta esagerava. Pieno di amici di provenienza molto varia (da raffinati autori e intellettuali a baristi), Armando coltivava la sua vita come fosse un giardino. Ma non di quelli all’italiana con le aiuole e i gerani: il giardino di Armando era una giungla, talvolta intricata e perfino pericolosa. Ma poi (l’uomo era pieno di risvolti) era anche tra le persone più sagge che abbia mai conosciuto. Un tipo di saggezza importante per la mia formazione culturale, quella della generazione prima della mia, dei Beat, degli anni ’60, sovversiva e maledetta, lucidissima e spesso esatta.
I libri di Armando sono un’ottima finestra sulla sua poetica unica e speciale. Parole chiave: senza, sottrarre, riciclare, remixare (letteratura), campionare (personaggi), sostenendo di non voler lavorare ma in realtà costruendo efficaci congegni insieme filosofici e letterari. Li trovate tutti (gratis in pdf) sul suo sito Adolgiso.it, che negli anni della pensione era diventato il suo giocattolo preferito, aggiornato mensilmente e pieno di cose. Il mio consiglio è di iniziare dalla sua bio, Autoscatto (da cui si accede ai link dei libri).
Armando sapeva essere molto spigoloso, aveva un carattere complicato e non amava i compromessi – tratti che avevamo in comune. Pochi amici stretti scelti per affinità intellettuale e scarsa pazienza con la medietà. Negli ultimi anni, data la geografia, il nostro rapporto è stato epistolare ma ininterrotto. Una corrispondenza che seguiva alcune regole molto precise: il tono sarcastico, specie in presenza di notizie non buone. Il sistematico capovolgimento di significato: annunciare sciagure e malanni come buone nuove e i successi o i miglioramenti come pessime, augurarsi ogni male reciproco, e alla fine sperare di risentirsi il più tardi possibile (per esempio “A quando Crosetto ci diventerà simpatico” da una sua email di maggio scorso). Sempre però aggiornandoci puntualmente sulla situazione, cosa rara sia per me che per lui, ambedue molto riservati.
Armando ci ha lasciati il 12 gennaio scorso, dopo un lungo e doloroso slalom con una serie di patologie. Però, in perfetto stile Adolgiso, non è morto di nessuna di queste: si è spento di colpo, a letto, mentre leggeva il giornale. Io perdo un amico molto speciale (con me era incredibilmente affettuoso), un pezzetto di vita e un esempio di pensatore illuminante e sempre insolito. Il mondo si perde una voce unica di una generazione importante, sulle cui spalle la mia sta in piedi. Prevedibilmente, Armando essendo Armando, su internet c’è solo una sua foto minuscola, probabilmente rubata*: non sia mai.
* La foto è su un blog letterario a corredo di un’esilarante breve autobiografia scritta col suo stile beffardo e surreale.